«Prometto di esserti fedele sempre». Michela Murgia rigetta la frase dopo il matrimonio: «Non conta con chi vai a letto»

Le riflessioni dell’autrice a pochi giorni dall’unione con Lorenzo Terenzi: «Basta dire che non sono miei figli solo perché non li ho partoriti io»

«Non puoi dire che sono tuoi figli, non li hai partoriti». È questa la frase che Michela Murgia riceve in continuazione dopo aver rivelato sui social i suoi legami più profondi, che ha racchiuso nel concetto di famiglia queer. Qui ci sono coloro che considera figli, madri, e mariti, anche se non necessariamente connessi da legami di sangue o riconoscimenti della legge. «Ho sincera compassione per chi continua a ripetermi questa frase convinti di ferirmi, ma è una frase che mi indigna anche, perché intorno a me vedo tantissimi madri e padri queer che invece ne restano annichiliti, cancellati nella loro scelta d’amore per essere ridotti alla funzione biologica, che spesso hanno subito con dolore e hanno aggirato con enormi sacrifici economici, fisici e rischio sociale», risponde oggi con un lungo post su Instagram.


«Così si dà l’ok al governo per discriminarci»

L’autrice di Tre ciotole considera «scandaloso» che nel 2023 l’essere umano «continui a considerare la propria riproduzione come un fatto di sangue del sangue». Pertanto, la definisce «la cosa più fascista che esista, che nega la volontà, la scelta d’elezione, la specialità meravigliosa di amare qualcuno in modo assolutamente libero, senza dipendere da nessun destino genetico». E ci tiene a sottolineare che «ogni volta che si lascia alla legge la possibilità di decidere chi è figlio e chi non lo è, chi è genitore e chi non lo è, si sta dando ai governi la possibilità di discriminare le persone in base ai corpi e alle loro funzioni, definendo cosa è normale e cosa è marginale, cosa può essere legittimato e cosa si può perseguitare».


Perché rigetta il concetto di fedeltà

Pochi giorni fa, Michela Murgia si è sposata con Lorenzo Terenzi, seppur controvoglia. E a distanza di una settimana l’autrice fa una riflessione sulla classica frase che si dichiara ai matrimoni: «Prometto di esserti fedele sempre». Un concetto che rifiuta perché vede nella fedeltà «solo un altro nome del possesso, dove fermenta la tossina della gelosia, che inquina i sentimenti e struttura i rapporti di potere più dolorosi e squilibrati». E racconta che fin da quando era piccola, trovava difficile riuscire a rispondere in modo netto alla domanda «Sei un tipo fedele?». Per questo Murgia torna a ribadire la sua scelta di aderire alla struttura dei rapporti queer: «Rigetta la fedeltà e richiede l’affidabilità. Con chi vai a letto o di chi sei innamorato sono dati ininfluenti. Chi vuole essere costretto ad appartenere ad altri in modo esclusivo, tantomeno sotto minaccia di legge o dello stigma sociale dell’infedele?». E conclude: «La violazione della fedeltà è l’alibi delle violenze domestiche e dei femminicidi. È in nome della fedeltà che si può dare a una donna della puttana, giudicarne il comportamento e persino ottenere delle attenuanti in tribunale se la si ammazza».

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