In Evidenza Governo MeloniSpagnaUSA 2024
CULTURA & SPETTACOLOCinema

Anna Mazzamauro, Fantozzi e la signorina Silvani: «La gente mi chiede: “Dimmi che sono una merdaccia, ti prego”»

10 Luglio 2023 - 07:03 Redazione
anna mazzamauro signorina silvani fantozzi paolo villaggio
anna mazzamauro signorina silvani fantozzi paolo villaggio
L'attrice ricorda Paolo Villaggio e il suo ruolo: è la mia dannazione e la mia felicità

Anna Mazzamauro in autunno porterà lo spettacolo “Come è ancora umano lei caro Fantozzi” in giro per l’Italia. A 84 anni l’attrice che ha interpretato il ruolo della signorina Silvani nei film con Paolo Villaggio ha ancora voglia di lavorare. «Il lavoro è la mia vita, pensare alla mia età una pugnalata», spiega in un’intervista a Repubblica. Ma nel colloquio con Silvia Fumarola spiega che la sua è un’eroina atipica: «La signorina Silvani ha detto a tutte le donne atipiche: siate convinte di fare innamorare un uomo, le ha incoraggiate. Fantozzi la amava. La Silvani è la mia dannazione e la mia felicità».

Il personaggio

Mazzamauro dice che il personaggio «è stata inventato da Villaggio in scrittura, con il “rosso-sesso” dei suoi vestiti. Ho sviluppato il personaggio pensando a come era vestita mia madre, una donna molto intelligente. La vedevo vestita in maniera strana — gonna, camicetta di seta e maglione sportivo. Portava le scarpe basse, nella borsa teneva quelle col tacco». E non è strano che non abbia un nome di battesimo: «Chiedo a teatro: vi siete mai chiesti come si chiama? Bisognerebbe cercare un nome vintage, come un telefono a gettoni. Così viene fuori Genoveffa, Tecla — già meglio. Nessuno mi restituirà il dolore della Silvani, considerata sempre mezza scema e mezza donna». Ma il ruolo «ha segnato tutta la mia carriera. La odio e la amo… La possibilità di considerare le donne stronze esiste, ce ne sono, specie nel nostro ambiente. La Silvani per me è una sorta di sorella brutta, o la bella di cui io sono la sorella brutta. C’è una confusione di stati d’animo».

Com’era Paolo Villaggio

Racconta che Paolo Villaggio era «ironico, uno splendido compagno di viaggio. Si preoccupava quando Salce girava le nostre scene: “Luciano, hai ripreso bene Anna?”. Ma in tanti anni non siamo mai diventati amici. Mi spiegò: “Frequento solo attori ricchi e famosi”. Oggi gli avrei detto: “Ma vaff…”, allora, rispettosa, ho taciuto». Ma soffriva di invidia a vederlo con Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi: «Perché loro sì e io no?». Ma l’importante è il personaggio: «La gente mi chiede ancora: “La prego, mi dica che sono una merdaccia, grazie”. Meraviglioso. In fondo un attore è alla ricerca dell’amore. Mi siederei in platea con gli spettatori per vedere lo spettacolo. Ed è bellissimo che, non avendo più venti anni, riesca a ad avere questo rapporto col pubblico».

I diversi e gli uguali

Infine, dice che «il concetto di libertà è contraddittorio. Per me vuol dire essere libere sempre, per altri amare chi vuoi, per altri vivere da soli. Nonostante abbia cominciato quando non c’era tanta libertà di emergere, ho cercato di fare quello che volevo». E alla fine della sua vita è riuscita a fare quello che voleva: «Sì con fatica. Se fossi stata bellissima avrei fatta la velina, invece ho fatto l’università, ho rischiato la Cattolica ma sono andata alla Sapienza. Per me libertà ha significato proporre la propria intelligenza, che vuol dire anche confrontarsi con chi la pensa diversamente, che mi sembra sempre la cosa più importante. Progetto un incontro della signorina Silvani che dice: “Ho incontrato un uomo diverso”, e il gay le risponde: “Non sono io che sono diverso, sono gli altri che sono troppo uguali”».

Leggi anche:

Articoli di CULTURA & SPETTACOLO più letti