La routine alimentare delle tartarughe marine verdi: da 3000 anni tornano nello stessa area del Mediterraneo per nutrirsi

Lo studio permette anche di prevedere in parte cosa succederà in futuro e di preservare gli ecosistemi marini

Non è raro pensare a certi animali come creature abitudinarie, che fanno ritorno nel proprio luogo di nascita per accoppiarsi o nidificare. Ma non solo. Secondo un recente studio condotto da Willemien de Kock, ricercatrice dell’Università di Groningen, e pubblicato su rivista Pnas dell’Accademia nazionale americana delle scienze, è emerso un aspetto inaspettato di continuità nelle abitudini alimentari delle tartarughe marine verdi, anche per tutelarne l’habitat naturale a causa dei cambiamenti climatici. Per circa 3.000 anni, generazioni di tartarughe marine verdi sono tornate nelle stessa area vicino la costa nordafricana per nutrirsi delle alghe presenti.


I risultati dello studio

I risultati dello studio sono il frutto dei dati emersi dall’analisi incrociata delle ossa di tartaruga provenienti da diversi siti archeologici presenti sulle coste del Mediterraneo. Attraverso uno spettrometro di massa per lo studio del collagene si è riusciti a risalire al tipo di alimentazione e alla “dieta” delle tartarughe verdi nel corso del tempo. Incrociando i dati sui reperti con quelli relativi alle rotte di viaggio delle tartarughe rilevati dai satelliti, gli autori dello studio (iniziato nel 2020, ndr) hanno infatti scoperto che generazioni di tartarughe marine verdi frequentano da 3.000 anni la stessa prateria di posidonia lungo le coste dell’Egitto e della Libia occidentale.


A cosa serve comprendere le abitudini alimentari

Comprendere le abitudini alimentari storiche di una specie nel corso delle generazioni comporta implicazioni significative. Aiuta, per esempio, a combattere la cosiddetta «shifting baseline syndrome», un fenomeno per cui si percepisce la salute dei mari e degli oceani apparentemente come sani, anche se questi si trovano in fase di deterioramento rispetto al passato. «Andare molto indietro nel tempo nei comportamenti di una popolazione animale utilizzando i dati archeologici ci consente di vedere meglio gli effetti indotti dall’uomo sull’ambiente», ha spiegato Kock.

«Questo studio ci permette anche di prevedere in parte cosa succederà in futuro. Infatti, recenti simulazioni mostrano che, proprio in quelle zone dove le tartarughe si sono recate per millenni corrono un alto rischio di scomparire. L’impatto sulla tartaruga marina verde potrebbe essere elevato vista la sua fedeltà a questi luoghi», ha concluso la ricercatrice.

Foto in copertina: © Marsa Alam

Leggi anche: