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Cosa prevede il nuovo piano per il clima presentato dal governo. I dubbi degli esperti: «Insufficiente, manca una strategia adeguata»

Il "Pniec" messo a punto dal ministero dell'Ambiente dovrà passare al vaglio della Commissione Ue. Pichetto: «Un piano realistico, l'Italia sarà all'avanguardia»

Nei giorni scorsi il ministero dell’Ambiente ha inviato alla Commissione europea la sua proposta di aggiornamento del PNIEC, il Piano nazionale integrato energia e clima. Si tratta di un documento di 424 pagine con cui il governo stabilisce gli obiettivi nazionali al 2030 sull’efficienza energetica, le fonti rinnovabili e la riduzione delle emissioni. Un percorso che il ministro Gilberto Pichetto Fratin ha commentato così: «L’Italia sarà all’avanguardia su questi temi. Lo farà senza ideologia, guardando alla realtà del paese. Dobbiamo lavorare in modo realistico». A parole, gli obiettivi del governo italiano restano gli stessi fissati in sede europea: riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030 e impegno a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. Eppure, tra gli addetti ai lavori non tutti sono convinti che il nuovo piano presentato dal governo possa davvero portare ai risultati sperati.

Gli esperti di Ecco, il think tank italiano per il clima, parlano di un quadro di politiche «complesso, ridondante e, in diversi casi, contraddittorio rispetto all’obiettivo». Pur attribuendo al documento un voto «sotto la sufficienza», l’analisi non si limita a esprimere pareri negativi: «È presente la volontà politica per un miglioramento, senza dubbio l’elemento più positivo e distintivo di questo Piano», riconoscono gli esperti di Ecco. A detta del ministero dell’Ambiente, il tragitto indicato dal nuovo Pniec permetterà all’Italia di raggiungere al 2030 «quasi tutti i target comunitari su ambiente e clima, superando in alcuni casi gli obiettivi prefissi». Prima di arrivare al testo definitivo, che va presentato entro giugno 2024, la proposta sarà oggetto di confronto con parlamento, regioni e – soprattutto – dovrà ricevere l’ok della Commissione europea.

Il piano del governo sulle rinnovabili

L’ultimo Piano nazionale integrato energia e clima messo a punto dall’Italia risale al 2019. Un documento che secondo l’attuale governo peccava di «eccessivo ottimismo» e che per questo richiedeva un cambio di strategia. Nel nuovo piano firmato dal ministro Pichetto si parla della necessità di «una decisa accelerazione rispetto a quanto fatto fino ad oggi». Il percorso da compiere per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione fissati a livello europeo «richiederà uno sforzo estremo» e una generale diminuzione del livello dei consumi. Dal punto di vista energetico, il piano punta a «sfruttare i notevoli benefici insiti nella vasta diffusione delle rinnovabili». In particolare, uno degli obiettivi fissati dall’esecutivo prevede di installare circa 8 nuovi GW di rinnovabili all’anno da qui al 2030. Un target che in realtà è meno ambizioso di quello fissato da Elettricità Futura – il ramo di Confindustria che raduna il mondo elettrico italiano – che prevede installazioni al ritmo di 10 GW ogni anno.

Il ruolo del nucleare e del gas

Rispetto al piano del 2019, spunta una novità: il nucleare. Se nel documento approvato prima della pandemia da Covid-19 l’energia atomica quasi non veniva menzionata, il nuovo Pniec presentato alla Commissione europea indica sicuramente un’altra strada. «Esistono grandi potenzialità per l’Italia per contribuire al rilancio dell’energia nucleare in Europa e nel mondo, in termini di partecipazione a programmi di sperimentazione su soluzioni innovative di generazione elettro-nucleare», si legge nel documento. Sempre sul fronte energetico, il Pniec conferma la strategia dettata da Giorgia Meloni di voler rendere l’Italia un «hub energetico europeo», puntando ancora a lungo sul gas fossile. «Il phase-out del carbone – prosegue il documento – sarà implementato attraverso la realizzazione di unità termoelettriche addizionali alimentate a gas, necessaria anche per il mantenimento dell’adeguatezza del sistema in presenza del forte incremento delle quote di rinnovabili non programmabili nella generazione elettrica». Confermata anche la volontà di realizzare nuove infrastrutture, come rigassificatori e gasdotti: «A ciò si aggiunge lo sviluppo di ulteriori infrastrutture di interconnessione gas per la diversificazione degli approvvigionamenti, nonché il potenziamento della capacità di rigassificazione e della relativa fornitura di GNL (gas naturale liquefatto), di particolare rilievo anche in termini di sicurezza energetica».

I dubbi degli esperti

Secondo Chiara Di Mambro, responsabile delle politiche di decarbonizzazione del think tank Ecco, nel documento mancano alcuni elementi chiave. Ovvero: «Una strategia di uscita dai fossili coerente con la neutralità al 2050, sia sul carbone che sul gas; politiche più incisive sulle rinnovabili, per centrare l’obiettivo G7 dell’Italia di un sistema elettrico decarbonizzato al 2035». Per fare un passo in avanti, l’analisi suggerisce innanzitutto due ambiti su cui intervenire. Innanzitutto, individuare un impianto di governance per monitorare lo stato di avanzamento dei lavori ed evitare una «deresponsabilizzazione delle strutture deputate all’attuazione del Piano». In secondo luogo, il think tank chiede al governo di indicare una visione di decarbonizzazione e di sviluppo del Paese. In altre parole, una strategia concreta. Che tenga conto delle opportunità e dei rischi «di una transizione globale in cui l’Italia deve giocare un ruolo da protagonista».

Credits foto: ANSA/Riccardo Antimiani | Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto durante la festa di Gioventù Nazionale a Roma (30 giugno 2023)

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