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Israele, via libera al primo mattone della riforma Netanyahu: la rabbia dei 20mila in piazza e la «minaccia» del capo del Mossad – Foto e video

24 Luglio 2023 - 15:46 Simone Disegni
Le opposizioni escono dall'Aula al momento del voto: è legge il provvedimento che toglie ai tribunali la possibilità di vagliare la «ragionevolezza» delle decisioni del governo

Il Parlamento israeliano ha dato oggi il via libera al primo mattone della contestatissima riforma della Giustizia voluta dal governo-Netanyahu: è legge dunque il provvedimento che toglierà ai tribunali la possibilità di vagliare la «ragionevolezza» delle decisioni del governo, prerogativa prevista sin dalla fondazione del Paese come contrappeso all’assenza di una Costituzione che indichi chiaramente i limiti dell’azione dell’esecutivo, e dunque di una Corte Costituzionale che ne vagli la congruità dell’operato. La maggioranza di ultra-destra guidata da Benjamin Netanyahu, uscito proprio questa mattina dall’ospedale dopo aver subito un intervento al cuore, porta a casa così il primo risultato concreto nel suo progetto di radicale revisione dell’equilibrio di poteri tra esecutivo e giudiziario. Al momento del voto, arrivato dopo mesi di proteste che sono proseguite anche questa mattina davanti alla Knesset, i parlamentari dell’opposizione hanno abbandonato l’Aula. Che tecnicamente ha dato il terzo e ultimo ok al progetto di legge con 64 voti a favore e 0 contrari.

Negoziati falliti, piazze gremite

Dopo settimane di proteste oceaniche nelle piazze del Paese, culminate nello sciopero generale, lo scorso 27 marzo Netanyahu aveva annunciato il «congelamento» del progetto di riforma. Ma calmatesi provvisoriamente le acque, hanno avuto la meglio le fortissime spinte dell’ala destra della sua maggioranza, che oltre al Likud comprende anche i partiti nazionalisti guidati da Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich. S’è rivelata vano lo sforzo del presidente del Paese Isaac Herzog, ricevuto nei giorni scorsi da Joe Biden alla Casa Bianca, di mediare tra le parti e trovare un compromesso. Nelle scorse ore ad annunciare il fallimento anche degli ultimissimi sforzi negoziali era stato uno dei leader «centristi» dell’opposizione, l’ex premier Yair Lapid. «Abbiamo fatto il possibile, ma con questo governo è impossibile avere intese per proteggere la democrazia israeliana. Vogliono fare a pezzi lo Stato, la democrazia, la sicurezza, l’unità del popolo di Israele e le nostre relazioni» ha attaccato duramente Lapid. E nelle ore in cui la Knesset andava al rush finale fuori dalla sede del Parlamento tornavano a farsi sentire per l’ennesima volta i cittadini contrari alla riforma. 20mila circa i dimostranti che per tutta la giornata hanno sventolato bandiere israeliane all’urlo dello slogan «democrazia o ribellione». La polizia ha usato anche idranti per tenerli lontani dall’ingresso del Parlamento.

Paese spaccato

Il giornale progressista Haaretz taglia corto e definisce la legge passata questa mattina un «golpe giudiziario». Lapid invia il suo messaggio ai manifestanti e alle opposizione annunciando che «domattina stessa invieremo alla Corte Suprema una petizione contro l’abrogazione unilaterale del carattere democratico dello Stato d’Israele», mentre il ministro della Sicurezza Ben Gvir festeggia parlando di «buona notizia» per tutta Israele e ribadisce che quello di oggi «è solo l’inizio». Tra i due litiganti, a lasciar intendere la sua posizione dalle forze dell’intelligence israeliana è il direttore del Mossad David Barnea, che fa sapere che «se la situazione dovesse evolversi in una crisi costituzionale sarà dalla parte giusta. Ma non siamo ancora a tale stadio».

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