«In Italia una vittima di tratta o sfruttamento su tre è minore»: l’indagine di Save The Children sui figli dei braccianti

È la fotografia che emerge dall’ultimo rapporto «Piccoli Schiavi invisibili: Dentro lo sfruttamento: un’indagine a Latina e Ragusa»

In Italia una vittima di tratta-sfruttamento su tre è minore. È la fotografia che emerge dall’ultimo rapporto di Save The Children «Piccoli Schiavi invisibili: Dentro lo sfruttamento: un’indagine sui figli dei braccianti a Latina e Ragusa». Nel 2021, spiega l’organizzazione non governativa, sono state 757, per il 35% si tratta di minori in prevalenza femmine (168 casi), rispetto ai maschi (96). Le vittime prese in carico dal sistema anti-tratta, un anno dopo, sono state invece 850, 59% donne e l’1,6% minori. Il Paese principale di provenienza è la Nigeria, seguito da Pakistan, Marocco, Brasile e Costa d’Avorio. Lo sfruttamento di tipo sessuale è la forma prevalente con il 38%, segue quella lavorativa (27,3%). 


Il focus sullo sfruttamento dei minori nel lavoro agricolo

Il quadro (allarmante) che emerge dal report di Save The Children prende in considerazione bambini e bambine che vivono nei territori caratterizzati dallo sfruttamento del lavoro di tipo agricolo. E, nello specifico, di due tra le aree in cui si verifica maggiormente. La provincia di Latina nel Lazio e quella di Ragusa in Sicilia. Si tratta di minori, figli di braccianti sfruttati, che spesso trascorrono l’infanzia in alloggi di fortuna nei terreni agricoli e in condizioni di forte isolamento, con l’impossibilità di accedere a servizi scolastici, sanitari e sociali. In sintesi, «Invisibili» per le istituzioni e molto spesso, si legge nel report, non censiti all’anagrafe. 


La situazione nelle province di Latina e Ragusa

Nel Lazio, nella provincia di Latina, più della metà degli operai agricoli censiti – 13 mila su un totale di 20 mila – sono di origine straniera, in prevalenza indiana. In quella di Ragusa, su 28mila lavoratori impiegati dalle aziende, poco più di 15mila sono italiani e oltre 12mila di origine straniera. In particolare romena e tunisina. Qui, l’esclusione sociale inizia dalla nascita. Quando i genitori lavorano, si legge nel rapporto – l’assenza di asili nidi e scuole dell’infanzia in diverse zone del Ragusano, unite alla mancanza di mezzi per raggiungere le strutture dei Paesi confinanti, costringono i bambini e le bambine a subire espedienti estremi. Come restare da soli chiusi in casa o seguire al lavoro mamma e papà. E capita anche di rimanere chiusi in macchina per ore, in attesa che i genitori terminino di lavorare. E molto spesso, inoltre, sono i fratelli più grandi, quando ci sono, a badare ai minori. 

I figli dei braccianti già lavorano a 12 anni

Ciò che emerge nel rapporto e che accomuna entrambe le province – Latina e Ragusa – riguarda il fatto che esiste un coinvolgimento diretto dei minori nello sfruttamento lavorativo, già a partire dai 12-13 anni, con paghe che si aggirano intorno ai 20-30 euro al giorno. Si può trattare di un lavoro a tempo pieno. O più spesso, limitato al tempo extra-scolastico quotidiano o estivo. Oppure ancora di un impegno che può iniziare già a 10 anni per «dare una mano» nel periodo di raccolta.

Questa situazione, comporta inevitabilmente – per chi non abbandona la scuola – il conseguente deficit nel rendimento scolastico che porta a bocciature nelle scuole medie, e a un ingresso ritardato alle superiori (16 o 17 anni), come confermano alcune delle testimonianze raccolte dal rapporto. Per citare qualche dato, in Italia si stima che tra i 14-15enni che lavorano, il 27,8% (circa 58.000 minorenni) abbia svolto lavori dannosi per il proprio sviluppo educativo e per il benessere psicofisico. Tra i minorenni intervistati che hanno dichiarato di aver avuto esperienze lavorative, il 9,1% è impiegato in attività in campagna.

L’appello ai ministri

Da questo report emerge, dunque, che i lavoratori e le lavoratrici sfruttate nel settore agricolo, oltre ad essere vittime dirette, sono anche madri e padri di bambini «invisibili», privi di diritti. Di qui, l’appello di Save The Children: «È fondamentale innanzitutto riconoscere l’esistenza di questi bambini, assicurare ad ognuno di loro la residenza anagrafica, l’iscrizione al servizio sanitario e alla scuola e i servizi di sostegno indispensabili per la crescita», ha dichiarato Raffaela Milano, Direttrice Programmi Italia-Europa dell’organizzazione. «Per questo motivo, chiediamo al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali di integrare il Piano Triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato con un programma specifico per l’emersione e la presa in carico dei figli dei lavoratori agricoli vittime di sfruttamento, da definire con le parti sociali e il Terzo Settore, alla luce delle esperienze e delle buone pratiche sperimentate sul campo», aggiunge.

Il coordinamento necessario

«Chiediamo inoltre ai Prefetti dei territori dove il fenomeno è più presente di attivare un coordinamento con gli uffici scolastici provinciali, i servizi sociali, l’associazionismo e le organizzazioni sindacali per una sistematica azione di monitoraggio della presenza dei minorenni nei territori agricoli e per una offerta attiva dei servizi di base. In questo quadro, riteniamo anche necessario che questo tema sia inserito nei percorsi di formazione degli ispettori del lavoro e di tutto il personale con compiti di verifica della attuazione delle leggi in materia affinché, con il sostegno del terzo settore, delle organizzazioni sindacali e delle reti anti-tratta, si rafforzi la capacità del sistema di intercettare in modo tempestivo tutte le forme, dirette e indirette, di sfruttamento dei minorenni in ambito agricolo e si potenzino le misure di protezione e di sostegno alle vittime», conclude.

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