Ponte sullo Stretto, addio al tetto da 240mila euro per i manager. Schlein: «Governo indecente»

Le critiche delle opposizioni sul correttivo previsto nel decreto Asset e investimenti che verrà discusso nell’ultimo consiglio dei ministri prima dell’estate

Non è passato inosservato il possibile stop al tetto di 240mila euro per i manager pubblici della società che gestisce il Ponte sullo stretto, contenuto nell’ultima bozza del decreto Asset e investimenti atteso lunedì in consiglio dei ministri. Una possibilità che ha provocato le reazioni di tutte le opposizioni, a poche ore dall’ultimo consiglio dei ministri prima della pausa estiva. «Indecenti», interviene la segretaria del Pd Elly Schlein, «dicono che i salari non si fanno per legge. Eppure fanno leggi per togliere il tetto massimo ai salari sopra i 240mila euro mentre affossano il tetto minimo che chiediamo per non scendere sotto i 9 euro all’ora». Ma anche il Movimento 5 stelle alza la voce. «La volontà di Meloni e Salvini di concedere una deroga al tetto degli stipendi per i vertici della società “Stretto di Messina Spa” è scandalosa. Lo scenario è il seguente: reddito di cittadinanza no, aiuti alle famiglie contro il caro-vita no, sostegni contro il caro-mutui nemmeno, interventi per attenuare il costo della benzina neanche a parlarne», ha dichiarato il vicecapogruppo M5s alla Camera Agostino Santillo, coordinatore del comitato Infrastrutture dei 5 Stelle, «questa destra gli unici favori li fa ai soliti noti e a chi ha già. Uno scempio, messo in piedi sulla pelle dei cittadini e con i loro soldi». La deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi rivendica la scelta di Renzi, quand’era a Palazzo Chigi, di fissare il tetto, che ora potrebbe saltare per il cda della società dello Stretto, mentre la deputata di Azione Daniela Ruffino fa un paragone con il salario minimo, la cui discussione è stata rinviata all’autunno: «La presidente Meloni si è imposta due mesi di riflessione per discutere la proposta di salario minimo a 9 euro, ma sono bastati pochi minuti e un emendamento della Lega per rompere il tetto dello stipendio dei manager pubblici. Non basta la lunga astinenza dal potere a spiegare una qual certa protervia nel modo di ricreare disuguaglianze sociali o di crearne di nuove. Misure come quella adottata per i manager del Ponte sono fatte per alimentare fratture e risentimento sociale. Se c’è qualcuno che soffia sul fuoco del malcontento sociale bisogna cercarlo nella maggioranza e nel governo». Critici anche +Europa, che tramite il suo segretario Magi parla di «regalie da distribuire agli amici», e Alleanza Verdi e Sinistra: «Un insulto agli italiani e di questo il governo e Giorgia Meloni in persona se ne devono vergognare», accusa il deputato Bonelli.


Il decreto e le polemiche sul Ponte

Amministratori, titolari e componenti degli organi di controllo, dirigenti e dipendenti pubblici della società incaricata della realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina verrebbero esonerati dal limite sullo stipendio. A definirlo è l’articolo 15 del decreto, sotto il titolo «Disposizioni urgenti per garantire l’operatività della società concessionaria di cui all’articolo 1 della legge 17 dicembre 1971, n.1158», che prevede la non applicazione delle disposizioni di alcuni commi del decreto legislativo del 2016. Ovvero quelli che impongono il limite di 240mila euro nei compensi massimi per i manager.


Il decreto in questione riguarda molte tematiche, dal caro voli ai taxi, fino agli aiuti alla pesca e alle zone alluvionate. Ma non è passata inosservata la parte riguardante la società concessionaria incaricata di realizzare il Ponte sullo Stretto, che il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, ha deciso di riportare in auge dalla liquidazione a cui l’aveva destinata il governo Monti nel 2013. Solo pochi giorni fa, inoltre, il tema era tornato al centro del dibattito pubblico con lo scontro tra don Ciotti e Salvini per le correlazioni fatte dal fondatore di Libera tra l’opera in questione e i rischi sul fronte della criminalità organizzata.

Leggi anche: