Donne musulmane in acqua vestite, a Trieste scoppia la bagarre. La sindaca di Monfalcone: «Basta ipocrisia, pronti a vietare il burkini»

Il cortocircuito al Lido Pedocin del capoluogo friulano. E la prima cittadina leghista annuncia un provvedimento ad hoc

I cittadini di Trieste sono divisi all’indomani della querelle che su una spiaggia della città ha messo un gruppo di donne musulmane contro altre bagnanti locali. Il cortocircuito è avvenuto al Lido Pedocin, noto per essere l’unico stabilimento in tutta Europa in cui un muro divide il settore riservato agli uomini da quello per le donne. Nessuna regola prescrive tuttavia cosa i bagnanti debbano (non) indossare sulla spiaggia, tanto meno in acqua. Così quando, domenica 13 agosto, alcune donne di religione islamica sono arrivate al lido e si sono accinte a entrare in mare con i vestiti, è scoppiata una piccola bagarre. «Qui vestite il bagno non ve lo fate», avrebbero urlato diversi altri bagnanti, tanto da richiedere l’intervento della security dello stabilimento. Altre persone presenti sulla spiaggia hanno però subito dissentito, come riporta il Quotidiano Nazionale, nel nome della libertà di religione e del «diritto costituzionale di fare bagno come si vuole». Ma il sindaco di Trieste la vede diversamente: «Se vieni in Italia, sai in che Paese vieni e dunque devi adattarti», ha detto perentorio Roberto Dipiazza (Forza Italia), che guida la città dal 2016.


La battaglia della sindaca di Monfalcone

Sulla stessa lunghezza d’onda, a poche decine di chilometri di distanza, è sintonizzata anche la prima cittadina di Monfalcone. «Stiamo lavorando per la costruzione di un provvedimento adeguato che vieti il bagno in mare vestiti, con il burkini o comunque coperte. Siamo persone serie, entro ottobre sarò pronta con un provvedimento», ha annunciato oggi Anna Maria Cisint, sindaca leghista della città, che lo scorso mese aveva scritto una lettera aperta alla comunità musulmana per invitare i suoi membri a non fare il bagno con i vestiti. «Non c’è alcuna forma di razzismo, se non al contrario», rivendica oggi Cisint, che si dice «orgogliosa di aver avuto la risolutezza di rompere l’ipocrisia di tolleranza verso usi e costumi contrari a ogni senso civico». Quello dell’abbigliamento in spiaggia, ai suoi occhi, non è che «un aspetto di una battaglia della nostra civiltà e tradizione, da portare sino in fondo per contrastare il sistema di vessazione della donna da ‘Medioevo’ che vige in certe comunità». Alla guida di una città che conta 9mila stranieri su 30mila abitanti, Cisint ha ben presente la varietà di costumi (letteralmente), e ha le idee fin troppo chiare: «Mi arrabbio quando vedo in centro donne che, con temperature oltre i 30 gradi, devono mantenere la copertura del corpo, anche del volto, guanti compresi e camminare dietro l’uomo».


Foto di copertina: Una donna in burkini esce dal mare dopo aver fatto il bagno – Pirano (Slovenia), 30 agosto 2017 (ANSA/ ROBERTA MARROLLO)

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