La versione di Massimo Segre sulle nozze, i tradimenti e la “Signora Seymandi”: «Il discorso serviva a tutelarmi»

Il banchiere dice la sua e si difende attaccando: «Non vi è violenza ad affermare la verità pubblicamente»

Adesso tocca a Massimo Segre. Dopo il video della festa di fidanzamento con Cristina Seymandi, la replica di lei, le minacce di azioni legali e l’intervento del Garante della Privacy, il banchiere dice la sua in una lettera a La Stampa. E si difende attaccando. «Non vi è violenza ad affermare la verità pubblicamente. Raccontare che la Signora Seymandi prima ancora di sposarmi, intesseva altre relazioni sentimentali non è violenza: è un fatto che – se la relazione fosse stata quella di una coppia aperta – non sarebbe stato preclusivo al nostro matrimonio», esordisce. Poi le risponde sulla questione della libertà: «Da quando, esattamente 3 anni prima, il 28/7/2020 infilai al dito di Cristina lo zaffiro di mia madre, chiedendole di sposarmi e ottenendone l’assenso, io non sono più stato libero di amare altre e così avrebbe dovuto essere per lei».


La promessa e la libertà

Spiega Segre: «Così intendevamo entrambi impostare la nostra relazione e il nostro matrimonio. Questo era il patto suggellato indossando l’anello della mia famiglia. Cristina non solo ne era totalmente consapevole e consenziente, ma lo pretendeva». Sostiene di non aver avuto alcun ruolo nella diffusione del filmato che mostra il suo discorso pubblico. Aggiunge di aver cercato di fermare il quotidiano torinese all’epoca della pubblicazione del primo articolo sulla vicenda. E torna ad accusare Seymandi. La quale «è talmente abile nel raccontare una propria visione della realtà che dovevo assolutamente preservare la mia reputazione, il dono più grande lasciatomi dai miei genitori. Il suo stesso giornale ha titolato Da che pulpito, sulla tesi dalla stessa sostenuta che “anche” io sia un traditore seriale». Insomma, avrebbe agito preventivamente per non essere attaccato successivamente.


“Da che pulpito”

E ancora: «Caro Direttore, da ogni esperienza si deve trarre insegnamento. Ciò che ho imparato dalla Signora Seymandi è l’importanza di comunicare. Cercherò di comunicare cose importanti (come la bonifica dall’amianto dell’ex grattacielo Rai che una mia società sta portando avanti nell’ambito di un progetto di riqualificazione urbanistica), più significative di questa storia da estate italiana, assolutamente da me non voluta né desiderata, trattandosi di informazione che pensavo potesse rimanere confinata a una quarantina di amici». La conclusione: «Non pretendo assolutamente che chiunque la pensi come me anzi, per citare Evelyn Beatrice Hall (una donna e non Voltaire, come i più ritengono) “disapprovo ciò che dici, ma difenderò con la vita il tuo diritto a dirlo”. Voglio solo aggiungere che il problema della parità di genere non mi appartiene. Mia mamma fu la prima presidente donna di una banca quotata in Italia. E mi ha insegnato che le persone si giudicano per le loro qualità, non per il loro sesso».

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