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Perché la Cina ora fa tremare l’economia mondiale: il superciclo del debito e la trappola della liquidità

cina economia mondiale evergrande lehman brothers
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Uno shock nell'immobiliare si riverbererebbe su tutta l'economia del paese. E avrebbe conseguenze per Usa ed Europa

La bancarotta di China Evergrande fa tremare l’economia mondiale. Sulla quale torna ad aleggiare lo spettro di una nuova Lehman Brothers. Anche perché l’immobiliare non è l’unico settore a rischio. Le difficoltà di Zhongrong International Trust, che vende prodotti finanziari esoterici, preoccupano gli investitori. Perché si vanno a sommare a quelle gravi dei colossi immobiliari Country Garden ed Evergrande (numeri uno e due del settore, oberati da 500 miliardi di dollari aggregati di debito). Facendo temere per la tenuta o per un possibile shock dell’economia del Dragone. Che già va a passo ridotto. E tra lo yuan ai minimi degli ultimi 16 anni sul dollaro, la brusca contrazione di export e domanda interna e gli investimenti esteri diretti in frenata (-4% nei primi sette mesi), la Cina rischia di cadere nella classica trappola della liquidità.

La trappola della liquidità

Evergrande non riesce a pagare 31,7 miliardi di dollari di obbligazioni e garanzie e per questo ha fatto ricorso al chapter 15 della legge fallimentare americana. Che in teoria le consentirà di proteggersi dalle richieste dei creditori mentre ristruttura il suo debito. Ma la richiesta ha fatto tremare i mercati perché è arrivata a sorpresa. L’azienda aveva calendarizzato il 28 agosto una riunione per discutere del piano di rientro con i creditori. Ma evidentemente i manager devono aver capito che spazio per un accordo pacifico non ce n’era. Oppure che l’azienda non avrebbe potuto in ogni caso onorare gli impegni. Anche in caso di dilazioni del debito. Il mercato immobiliare in Cina è in forte rallentamento. E così, a cascata, l’effetto si riverbera sul sistema finanziario: le banche che hanno prestato i soldi alle imprese edilizie che si ritrovano con le case invendute. E gli investitori che hanno comprato il debito con la promessa di investimenti monstre.

L’economista

L’economista della Banca Centrale cinese Cai Fang ha sollecitato misure draconiane. Come una maxi iniezione da 550 miliardi di dollari nell’economia. Allo scopo di fermare una psicologia deflazionistica e le famiglie che, di riflesso, ridimensionano i loro piani. «L’imperativo più urgente ora è stimolare la spesa dei consumatori. È necessario usare tutti i canali ragionevoli, legali ed economicamente fattibili per mettere soldi nelle tasche delle persone», ha scritto di recente su China Finance 40, il forum di opinioni dell’élite mandarina. La convinzione è che l’attuale fase si avvicini al momento decisivo affrontato dal Tesoro americano nel 2008 dopo il crollo di Lehman Brothers. O dalla zona euro nel 2012 quando a rischiare furono Italia e Spagna.

I problemi interni

Gli stress a livello domestico sono diventati evidenti. Evergrande ha precisato che l’istanza «è una normale procedura di ristrutturazione del debito offshore e non comporta istanza di fallimento»”. Ma la sostanza è che la stessa sorte potrebbe toccare molto presto a Country Garden che ha cominciato a non onorare alcuni pagamenti di bond. La Borsa di Hong Kong, non a caso, ha deciso la rimozione del titolo dall’indice Hang Seng a partire dal 4 settembre a favore di Sinopharm Group, nome ricorrente durante la crisi del Covid-19. Lo stesso listino dell’ex colonia britannica, il più colpito dalle ultime turbolenze, ha ceduto oggi un altro 2,05%, entrando nella fase ribassista (bear market, cioè ‘mercato dell’orso’) a causa di una perdita superiore al 20% dai massimi di gennaio 2023. In rosso sono finite le Borse su scala globale, dall’Europa agli Usa.

Il superciclo del debito

Kenneth Rogoff, economista e docente di Public Policy ad Harvard, in un’intervista a la Repubblica dice che in questo momento in Cina si sta verificando il cosiddetto superciclo del debito. «È lo stesso che si è abbattuto sugli Stati Uniti nel 2008 e in Europa nel 2010», dice Rogoff. «Le conseguenze possono essere dolorose per tutti», precisa. «Per difendersi dai contraccolpi prima della crisi americana e poi di quella europea, la Cina aveva alimentato la sua economia, facilitata dal fatto di essere un Paese dirigista con moltissime imprese pubbliche, con enormi dosi di debito. Non a caso, mentre Usa ed Europa si arrovellavano in crisi spaventose, la Cina proseguiva la sua corsa. Vi siete mai chiesti perché? Ora inevitabilmente i nodi vengono al pettine», dice a Eugenio Occorsio.

L’immobiliare

Poi spiega il boom: «In Cina, lo spazio medio per cittadino era di 7,1 metri quadrati nel 1990 e ha raggiunto i 48,7 metri quadri nel 2022, più o meno il living space di molte economie avanzate. Buon per loro, certo, ma questo è stato ottenuto al costo di un massiccio indebitamento che renderà inevitabile per almeno i prossimi due decenni una contrazione dell’attività di costruzione, e anche di tutto il connesso settore dello sviluppo infrastrutturale. A catena, ciò porta all’emergere di vulnerabilità pesanti nell’occupazione, nella finanza, e ovviamente nell’economia pubblica, specialmente a livello di autorità locali. A tutto questo si aggiungono la frenata dell’export dovuta alla deglobalizzazione e i negativi fattori demografici».

La stagnazione secolare e l’inflazione

Secondo Rogoff la teoria del superciclo del debito sta prendendo il posto di quella sulla stagnazione secolare. Ovvero un periodo prolungato di riprese deboli che muoiono appena nate e di depressioni a ciclo. Infine, Rogoff dice la sua anche sulla politica delle banche centrali riguardo il costo della vita. Sottolineando che «l’inflazione headline, cioè il tasso complessivo, è sceso. Preoccupa però il tasso “core”, cioè quello che non tiene conto dell’energia bensì di tutto il resto dell’economia». E che secondo il professore ha ormai inglobato i rialzi, originati paradossalmente proprio dall’energia che adesso è scesa, e difficilmente ridurrà i prezzi. «Gli investitori non devono aspettarsi che i tassi d’interesse, sia in America che in Europa, comincino troppo presto a scendere. E meno che mai che arrivino ai livelli ultra low raggiunti dopo le due crisi di cui parlavo, 2008 e 2020. L’inevitabile normalizzazione è in pieno svolgimento. Tutto questo avviene, non dimentichiamolo mai, in un pianeta sconvolto da una guerra drammatica: finché non finirà, nessuno potrà dirsi tranquillo», conclude.

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