Cina, la frenata dell’economia fa paura. E il governo blocca la pubblicazione dei dati sulla disoccupazione giovanile

La Banca centrale di Pechino corre ai ripari per combattere la deflazione. Ma i segnali di crisi si moltiplicano. Ecco cosa sta succedendo

Investimenti e produzione industriale, disoccupazione e vendite al dettaglio. Il motore dell’economia cinese pare sempre più in affanno, e i dati pubblicati dall’Ufficio nazionale di statistica non fanno che confermare i timori del governo e i dubbi degli analisti. Almeno quanto quelli non pubblicati. Già, perché la notizia nella notizia – nel giorno dell’attesa diffusione di una serie di importanti indicatori economici – è che l’equivalente dell’Istat cinese ha deciso di interrompere la pubblicazione dei dati sulla disoccupazione giovanile. Segnale tutt’altro che rassicurante. «L’economia e la società sono in costante evoluzione, e il lavoro statistico ha bisogno di continui miglioramenti», ha detto un portavoce dell’Ufficio di statistica, spiegando che l’agenzia deve aggiornare gli indicatori per tenere conto dell’aumento del numero di studenti tra i 16 e i 24 anni. Giustificazione non esattamente convincete, specie considerato – come ricorda la Bbc – che da quando nel 2018 è cominciata la diffusione del dato la Cina non ha mai conteggiato gli studenti nel computo dei giovani disoccupati. L’aggiornamento dell’indicatore resta fermo dunque a giugno, quando la disoccupazione giovanile era stata stimata al 21,3%, livello record dal 2018.


Campanelli d’allarme

I dati pubblicati oggi dall’Ufficio di statistica non sono più incoraggianti: gli aggiornamenti su vendite al dettaglio, investimenti e produzione industriale hanno evidenziato una crescita deludente rispetto alle attese, confermando i segnali di una serie frenata della seconda economia mondiale. Che le autorità di Pechino ne siano consapevoli e preoccupate, lo conferma un’altra decisione imprevista arrivata questa mattina: poco prima della pubblicazione dei dati relativi al mese di luglio, la Banca centrale cinese ha tagliato senza preavviso alcuni tassi d’interesse per la seconda volta nel giro di tre mesi, nel tentativo di iniettare liquidità con più facilità nel mercato. La mossa arriva a pochi giorni dalla pubblicazione di altri dati che hanno evidenziato una netta caduta delle esportazioni e, forse ancor più preoccupante, un calo dei prezzi a luglio che ha portato il Paese in deflazione per la prima volta da due anni. Secondo gli analisti, ci sono preoccupazioni anche per l’andamento del mercato immobiliare: ieri il più grande gruppo private nel settore del real estate, Country Garden, ha avvertito gli investitori che nel primo semestre potrebbe aver perso qualcosa come 7,6 miliardi di dollari.


Dati opachi e mugugni social

La sospensione della pubblicazione dei dati sulla disoccupazione giovanile, segnala ancora la Bbc, è diventato rapidamente il tema del giorno su Weibo, la piattaforma social più in voga in Cina. «Se non c’è nessun annuncio, allora non c’è neanche nessun disoccupato», ha ironizzato un utente. «Non prendete i numeri dell’Ufficio di Statistica seriamente», gli ha fatto eco un altro, chiedendosi se «coprire la bocca e chiudere gli occhi può davvero risolvere i problemi?». Dopo essere uscita in forma smagliante rispetto ai competitor mondiale dalla fase più critica della pandemia, la Cina appare sempre più in difficoltà. E la cosa peggiore, per i governanti di Pechino, è che i trucchi di magia dei suoi statistici potrebbero non bastare a nascondere i guai agli occhi dei cittadini. Che succederebbe se la frenata si traducesse nei prossimi mesi in una vera e propria recessione?

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