Il giudice che ama la poesia e accumula centinaia di sentenze non depositate: «Ho combinato un macello, ma non morirò magistrato»

A giugno Ernesto Anastasio si è difeso di fronte alla sezione disciplinare del Csm. Il perito: «Si sente oppresso dal lavoro, i suoi interessi sono altri»

È consapevole di aver «combinato un macello», ma è anche certo che non morirà magistrato. Di fronte alla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura si è presentato il giudice Ernesto Anastasio, 54 anni e originario di Piano di Sorrento (Napoli). In magistratura dal 1999, Anastasio è stato chiamato a rispondere davanti al Csm del numero record di sentenze e provvedimenti mai redatti o depositati. Quando era giudice al Tribunale civile a Santa Maria Capua Vetere ha accumulato 214 sentenze non redatte nei termini previsti. Poi è stato trasferito al Tribunale di sorveglianza di Perugia, dove è riuscito anche a superarsi. Il Corriere oggi parla di 800 provvedimenti non depositati, che hanno portato alle proteste degli avvocati e a un’istanza collettiva di alcuni detenuti. «Sicuramente il problema è grave e non è giusto che un giudice combini tutto questo macello – ha ammesso Anastasio ai colleghi del Csm – Ma voglio dire che ora fare il magistrato di sorveglianza mi piace e vorrei portare a termine il quadriennio, anche se sono certo che non morirò magistrato».


La procura generale della Cassazione accusa il giudice campano di gravi violazioni ai «doveri di diligenza e laboriosità», che potrebbero comportare l’immediata sospensione dalle funzioni. Nei mesi scorsi, è stata disposta anche una perizia, affidata al docente di Psicopatologia forense Stefano Ferracuti, per accertare eventuali patologie. Anastasio, ha concluso il perito lo scorso giugno, «appare consapevole del problema, ma allo stesso tempo non è in grado di opporsi a questa spinta interna. Si trova a fare un lavoro che non genere in lui alcuna soddisfazione essendo tutti i suoi interessi orientati in altri campi, letterari e poetici». Ed è proprio il suo amore per la poesia a spingerlo a trascurare i suoi doveri di giudice. «Si sente oppresso da quello che fa e tende a boicottarlo», aggiunge il perito. Secondo il docente di Psicopatologia forense, il magistrato napoletano non è idoneo a fare il lavoro da giudice. Eppure, secondo Ferracuti un’alternativa esiste: «Potrebbe fare il bibliotecario».


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