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Il genio della fisica, il Progetto Manhattan, i rimorsi. Chi era Robert Oppenheimer, il padre della bomba atomica protagonista del film di Cristopher Nolan

23 Agosto 2023 - 18:09 Redazione
La vita e la carriera controversa dello scienziato che coordinò la progettazione dell'arma nucleare per la Casa Bianca

Oggi, 23 agosto 2023, è una data cerchiata in rosso nel calendario di molti cinefili italiani: termina infatti l’attesa lunga mesi per vedere nelle sale cinematografiche l’ultima fatica del regista britannico Cristopher Nolan. Oppenheimer racconta la storia dell’invenzione della prima bomba atomica. A contendere il primato di attesa e battage, nel corso dell’estate, è stata soltanto l’uscita dell’altro film-cult della stagione, Barbie. Ma di che parla esattamente il nuovo lavoro di Nolan, noto per la ridda di film d’ingegno e successo – da Memento a Inception, da Interstellar a Tenet?  La pellicola ruota attorno alla figura di Robert Oppenheimer, scienziato amletico e malinconico interpretato da Cillian Murphy. Un ruolo complesso, così come complessa e controversa fu la storia del fisico scelto dagli Stati Uniti per guidare il Progetto Manhattan.

Biografia

58 chili distribuiti su un metro e novanta di altezza, occhi glaciali, una media di cinque pacchetti di sigarette al giorno, cappello a calotta piatta. Tra i suoi segni distintivi anche l’eloquio fluente, un grande carisma. Oppenheimer nasce a New York nel 1904, in una famiglia ebraica di origine tedesca, colta e agiata. Suo padre, Julius S. Oppenheimer, era un commerciante tedesco, sua madre, Ella Friedman, un’esperta d’arte con un atelier nella Grande Mela. Il suo percorso accademico non tarda a costellarsi di successi: si laurea in fisica ad Harvard, con tanto di lode, nel 1925. Fa rotta poi verso l’Europa, dove continua gli studi in numerosi centri di fisica (da Cambridge a Zurigo, passando per Leida e Gottinga), ma dopo cinque anni fa ritorno negli Stati Uniti, dove ottiene il primo impiego di assistente in fisica all’Università della California, a Berkeley. In quel periodo stringe rapporti con alcuni membri attivi del Partito comunista, come Katherine “Kitty” Puening, studentessa che nel 1940 diventa sua moglie. Ma non saranno solo gli affetti ad influenzare il corso della sua vita: nel laboratorio di fisica di Berkeley, Oppenheimer collabora con Ernest Lawrence, l’inventore del ciclotrone, premio Nobel nel 1939. Si lega anche con altri illustri colleghi, da Albert Einstein a Percy Williams Bridgman, da Max Born a Werner Heisenberg.

Lo scoppio della Guerra

Spartiacque inevitabile non solo della storia mondiale ma anche della sua carriera è nel 1939 l’invasione della Polonia da parte del Reich tedesco. Dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale, diversi fisici emigrati negli Stati Uniti inviarono una lettera al presidente Roosevelt, avvertendo del pericolo legato al possibile sviluppo di bombe atomiche da parte della Germania. La loro proposta era di precedere il Paese nemico. Nacque così, nel 1942, il cosiddetto Progetto Manhattan (dal luogo dove erano ubicati gli uffici del Manhattan Engineer District), affidato alla direzione proprio di Oppehimer. Lo scienziato si circondò dei migliori fisici nucleari del mondo (tra cui l’italiano Enrico Fermi). Un gruppo di ricerca che tuttora viene considerato il più importante mai esistito nella storia della scienza. Ci vollero tre anni per realizzare la prima esplosione nucleare al mondo: il test, chiamato Trinity, avvenne nel 1945 nel deserto di Alamogordo, vicino a Los Alamos, nel New Mexico. «Sapevamo che il mondo non sarebbe più stato lo stesso. Quel giorno, alcune persone hanno riso, alcune hanno pianto, la maggior parte è rimasta in silenzio», ha ricordato Oppenheimer in un’intervista, a distanza di vent’anni. Lui invece avrebbe rimuginato un verso indù: «Ora sono diventato Morte, il distruttore dei mondi».

La bomba atomica

La potenza dell’esplosione (che sciolse la sabbia nell’area circostante, creando un tipo di vetro verde leggermente radioattivo) allarmò gli scienziati. Alcuni di coloro che assistettero alla detonazione, incluso lo stesso Oppenheimer, si dichiararono favorevoli a un’esplosione dimostrativa, per indurre il nemico alla resa, ma senza utilizzarla sui civili. Ma, come la storia doveva drammaticamente dimostrare, non furono ascoltati. Dopo il doppio bombardamento atomico su Hiroshima e Nagasaki, la «punizione» americana per l’attacco del Giappone a Pearl Harbor che causò in totale la morte di un numero stimato fra le 150 e le 220.000 persone (quasi esclusivamente civili), Oppenheimer commentò: «I fisici hanno conosciuto il peccato».

Le accuse

Oppenheimer rifiutò, in seguito, di unirsi al progetto di costruzione della bomba a idrogeno su cui stava lavorando il fisico di origine ungherese Edward Teller. Si espresse poi apertamente a favore di un’intesa internazionale per la non proliferazione degli armamenti nucleari. Atteggiamento che, combinato alle sue antiche simpatie per gli ambienti antifascisti, lo fece entrare di diritto nel mirino del senatore Joseph McCarthy, ideatore di un’esasperata repressione nei confronti di persone, gruppi e comportamenti ritenuti sovversivi. Nel 1954 al fisico fu vietato l’accesso alla Atomic Energy Commission «per ragioni di sicurezza nazionale». Ma la comunità scientifica in seguito alla decisione insorse con fermezza, fino a che Oppenheimer non venne – in meno di un anno – confermato nel ruolo di direttore e professore dell’Institute for Advanced Studies di Princeton. Mantenne la carica fino alla morte, che avvenne a causa di un tumore alla gola il 18 febbraio 1967.

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