Brandizzo, il racconto di Andrea Gibin: «Mi sono salvato perché ero andato a prendere un martello»
Una richiesta provvidenziale quella ricevuta da Andrea Girardin Gibin, caposquadra degli operai che stavano lavorando sui binari a brandizzo quando cinque di loro sono stati uccisi da un treno in corsa. «Sono vivo per un martello», avrebbe raccontato Gibin a chi lo conosce consapevole della fortuna avuta. «Stavamo lavorando sui binari. Uno dei ragazzi mi ha chiesto di passargli un martello. Così mi sono sollevato e ho fatto due passi. È stato in quel momento che ho visto i fari del treno, d’istinto sono saltato sull’altro binario». Così avrebbe descritto la dinamica ai suoi contatti l’unico sopravvissuto dell’incidente sul lavoro, ora indagato per omicidio plurimo assieme ad Antonio Massa, il tecnico di Rfi che quella notte ha dato il via libera all’inizio dei lavori, non seguendo le indicazioni della dirigente di movimento Vincenza Repaci, che seguiva la situazione dalla sala operativa di Chivasso.
L’analisi dei telefoni e delle scatole nere
Intanto proseguono le indagini, con i pm della procura di Ivrea, Valentina Bossi e Giulia Nicodemi, intenzionati a tracciare con maggior certezza possibile il quadro della situazione prima di notificare agli indagati un invito a comparire. Tra i vari aspetti da accertare, riporta il Corriere della Sera, ci sono quelli legati ai dispositivi elettronici sui quali i magistrati hanno disposto la consulenza tecnica. Particolarmente importanti i dati delle scatole nere del treno (i «registratori dei movimenti di marcia») e dei tablet dei macchinisti. Dal canto loro, i ferrovieri, sentiti poche ore dopo la tragedia, avevano parlato di un segnale «verde» e dichiarato che non c’erano segnalazioni dei lavori in corso sui binari. L’analisi si estenderà anche ai telefoni di due degli operai Giuseppe Aversa e Giuseppe Lombard. La polizia ferroviaria ha rinvenuto i due dispositivi lungo i binari. Sono gli unici tra quelli delle vittime il cui aspetto suggerisce sia possibile trovarvi qualcosa all’interno: ad esempio chiamate fatte o messaggi inviati quella sera. Non sono esclusi altri video dopo quello girato e mai pubblicato su Instagram da Kevin Laganà.
Stavo per essere investito
Nel frattempo non si fermano le audizioni dei colleghi delle vittime. Tra questi, si legge anche quello di Francisco Martinez che non solo ha confermato che era prassi non seguire la procedura di sicurezza, iniziando i lavori prima che il traffico ferroviario venisse interrotto, ma ha anche raccontato di essere sfuggito a quella che avrebbe potuto essere un’altra tragedia. «Quattro mesi fa stavo per essere investito da un treno a Chivasso, se un collega non mi avesse tirato per la maglietta non sarei qua». I verbali sono ora al vaglio dei pm che cercano di gettare luce sulla situazione e chiarire le responsabilità. Intanto, i sindacati hanno iniziato a raccogliere gli esposti, che sono già arrivati a 200, alcuni già sul tavolo della procura di Ivrea.
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