Carriera alias, la protesta di associazioni e studenti: «Non ci fermeremo fino al ritiro della mozione» – Il video

Dentro e fuori il Palazzo della Regione proseguono le contestazioni dei comitati civici in difesa dei diritti delle persone transgender. Fratelli d’Italia ripresenterà il testo a ottobre

«Continueremo la nostra protesta fino a quando la mozione non sarà ritirata definitivamente», è Carlo Fossati, ex rappresentante del Liceo Scientifico Volta dove la carriera alias è stata approvata due anni fa, a interpretare l’obiettivo dei manifestanti. Di fronte al secondo rinvio della mozione voluta da Fratelli d’Italia, associazioni e studenti non si illudono: bisogna restare uniti perché il testo che vuole bloccare le carriere alias sarà presentato di nuovo in Consiglio regionale a ottobre. Oggi, dentro e fuori il Palazzo della Regione, con una conferenza stampa e due presidi, comitati e organizzazioni hanno difeso il diritto delle persone transgender di accedere alla carriera alias: una procedura burocratica scolastica che permette a chi non si riconosce nel genere assegnato alla nascita di adottare un nome d’elezione che sostituisca quello anagrafico. A oggi sono 32 gli istituti che offrono lo strumento in Lombardia, in Italia le scuole sono più di 200. Presenti alla manifestazione anche l’ex candidato a presidente della Regione Pierfrancesco Majorino e il consigliere Luca Paladini.


Un diritto a tutela delle persone trans

«Nessun provvedimento scolastico che istituisce la carriera alias è stato mai impugnato. Mai, un dirigente, un docente o un alunno è stato oggetto di un procedimento penale. La carriera alias riconosce il diritto all’identità di genere dello studente, diritto previsto dall’articolo 2 della Costituzione e dall’articolo 8 della Cedu». Roberto Brigoni, co-coordinatore della Rete Lenford, specializzata nella difesa dei diritti delle persone LGBTQ+, smentisce in conferenza stampa tutti i rimandi legislativi citati dalla mozione per andare contro le carriere alias. Ma c’è di più, la procedura burocratica non sostituisce il nome anagrafico in atti pubblici e in certificati esterni. Una persona trans, anche se ha usato lo strumento, avrà sul proprio diploma o pergamena di laurea il nome dato alla nascita.


Ciò che chiedono i transgender «sono diritti, non capricci», slogan ripetuto più volte nella giornata di oggi che ha dato il nome alla conferenza stampa dentro la Sala Gonfalone del Pirellone. Vedersi riconosciuto questo diritto è fondamentale per la salute psicofisica di uno studente: «Smettetela di giocare con i nostri corpi», dichiara Lux, ragazza transgender che fa parte dell’esecutivo regionale di Unione degli studenti. L’associazione, che ha riunito collettivi liceali da Milano e da altre province lombarde, ha organizzato un presidio parallelo a quello previsto in serata: «Le nostre lotte non devono essere strumentalizzate e polarizzate dai partiti per campagna elettorale», conclude Lux.

Sulla libertà di scelta e sull’importanza della carriera alias per la salute mentale degli studenti trans sono molti gli striscioni e i cartelli esibiti: “Sui nostri corpi decidiamo noi”, “Le vite non devono dipendere dalla burocrazia”, “Fuori lo Stato dalle nostre mutande”. Antonia Monopoli, attivista trans, responsabile dello sportello di ascolto Ala Milano onlus, in conferenza stampa chiarisce cosa può comportare una proibizione dello strumento: «Disagio scolastico, abbandono, bullismo». E il suo appello si unisce a quello di tutti: «Le persone trans sanno chi sono, cosa vogliono e cosa chiedono. Chiediamo che la mozione venga ritirata».  

Anche le basi scientifiche fanno acqua da tutte le parti

Della scorsa settimana è la notizia della diffida della studiosa Jiska Ristori per la strumentalizzazione del proprio studio da parte di Fratelli d’Italia. Ricerca che, semmai, come afferma Guglielmo Giannotta dell’associazione per la cultura e l’etica transgenere: «Fa riferimento ai bambini. Un uso distorto, segnalato dalla stessa autrice». Anche la citazione del “contagio sociale” non trova riscontri nella realtà e nella letteratura scientifica: «Contagio sociale? Essere trans è una malattia? Come si fa a contagiare una persona? L’identità di genere appartiene alla sfera più personale della persona, transgender è solo un aggettivo. La politica dovrebbe aiutare a risolvere i problemi pratici, non complicarli», puntualizza Anna Maria Fisichella, vicepresidente di AGEDO Milano. Difatti, tutto si riduce a questo, alle persone. Dietro scelte politiche e battaglie ideologiche ci sono sempre persone che vogliono veder riconosciuti i propri diritti, il proprio essere persona e sentirsi tale nella propria libertà personale: «Con l’inizio della magistrale mi attiverò per vedermi riconosciuta la carriera alias», annuncia Vittorio Capraro, rappresentante universitario in Statale e persona trans.

(in copertina Foto di Ian Taylor su Unsplash)

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