Messina Denaro può non tornare più in cella, in coma dopo l’operazione: «Ha rifiutato di vedere la figlia Lorenza»

Il fratello del piccolo Di Matteo, sciolto nell’acido nel 1996 su ordine del boss, non nasconde la rabbia: «Deve vivere ancora per soffrire e riflettere»

Matteo Messina Denaro potrebbe non tornare più in carcere e rimanere all’ospedale san Salvatore de L’Aquila per proseguire la terapia dopo il peggioramento delle sue condizioni degli ultimi giorni. È quanto trapela da fonti sanitarie istituzionali, citate dall’Ansa, secondo le quali non è più in agenda il trasferimento nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila, dove l’ex boss di Cosa Nostra è stato detenuto in regime di 41 bis dalla sua cattura a gennaio fino allo scorso 8 agosto. Messina Denaro è stato dapprima sottoposto a un intervento chirurgico, ma le conseguenze del tumore al colon in stadio avanzato stanno aggravando la sua salute. Nei giorni scorsi, Messina Denaro sarebbe andato in coma per la reazione a farmaci somministrati per la terapia del dolore: si è ripreso dopo che sono state rimodulate dosi e medicine. Ora alterna momenti di lucidità e persino buonumore a stati di prolungata debolezza. Le condizioni rimangono stazionarie ma gravi, è sottoposto alla terapia del dolore e alla nutrizione parenterale per il sostegno fisico ed è sotto monitoraggio costante da parte di medici e infermieri. Preoccupati dal peggioramento anche la figlia Lorenza, riconosciuta recentemente e che ha ottenuto di portare all’anagrafe il cognome del padre, e della nipote Lorenza Guttadauro. Le due parenti si sarebbero trasferite nel capoluogo abruzzese e stazionerebbero fuori dalla struttura. Mentre la nipote è stata ricevuta più volte durante il turno di visite, Messina Denaro avrebbe rifiutato di vedere la figlia per non mostrarsi fortemente debilitato dalla malattia.


La rabbia della famiglia Di Matteo

Ma Messina Denaro non è un paziente come gli altri. In ospedale è piantonato da decine di agenti, le misure di sicurezza in ospedale rimangono alte. E fuori c’è chi non può dimenticare le azioni dell’ex latitante. Tra questi, la famiglia del piccolo Giuseppe Di Matteo, rapito a 12 anni nel 1993 e poi ucciso e sciolto nell’acido nel 1996 perché figlio del pentito Santino Di Matteo. Per gli inquirenti l’ordine fu dato proprio da Messina Denaro, anche se il boss di Castelvetrano ha sempre negato. «Dicono che le sue condizioni stanno precipitando sempre di più? Vedremo. Aspettiamo di capirlo nei prossimi giorni. Sicuramente da parte della mia famiglia c’è ancora molta rabbia. Noi cosa gli auguriamo? Che possa vivere un altro po’ e soffrire ancora di più e riflettere, ma tanto lui non riflette, sappiamo che queste persone non riflettono», si sfoga con amarezza Nicola Di Matteo, «lo dico perché per noi il dolore non si è mai placato, per lui il dolore finisce con la morte ma per noi resta e resterà un dolore a vita».


Leggi anche: