Kataleya Alvarez, il padre si scaglia contro la procura di Firenze: «Non trova niente e indaga i miei parenti»

Per Miguel Angel Romero Chicclo, le attenzioni dei pm verso il fratello e il cognato sono «offensive»

La notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati di altre cinque persone per la scomparsa di Kataleya Alvarez ha fatto arrabbiare il padre della bambina, Miguel Angel Romero Chicclo. Tra loro, ci sono anche il fratello e il cognato dell’uomo. Che si è lasciato andare a uno sfogo: «In procura non mi dicono niente, noi siamo i genitori, vogliamo sapere almeno qualcosa. Siamo con l’angoscia di non sapere nulla, quindi fare questa cosa di indagare mio fratello e mio cognato mi fa pensare tante cose, che non trovano niente e vogliono mettere nei guai noi, la mia famiglia, e questo non va bene». La dichiarazione è stata rilasciata nella mattinata di oggi, 13 settembre, in un punto stampa organizzato dai legali del padre davanti all’hotel Astor di Firenze. «Ho fiducia in mio fratello e in mio cognato, li conosco bene, sono sicuro che non sanno niente e hanno detto tutta la verità. Incolpare la mia famiglia mi offende», ha aggiunto Romero Chicclo. Il padre ha fornito anche la sua personale ricostruzione della sparizione di sua figlia: «Io so solo che hanno rapito Kata. Siamo disperati, siamo con l’angoscia. Voglio sapere il motivo per cui l’hanno rapita. Penso tante cose, ci sono tante indagini, ci sono tante ipotesi. voglio sapere la verità. Non abbiamo fatto niente di grave perché qualcuno ci faccia questa cosa».


La madre di Kata: «Non hanno una pista, non hanno una traccia. Sono tre mesi che aspettiamo»

Romero Chicclo ha anche detto di non credere alla pista investigativa secondo cui la piccola si troverebbe in Perù. E anche la madre di Kata si è accodata al padre nella difesa dei suoi parenti: «Dobbiamo aspettare l’indagine, ma noi siamo sicuri che loro non c’entrano nulla. Sono tre mesi che non sappiamo niente. Non hanno una pista, non hanno una traccia. Io voglio sapere la verità». La donna, dopo aver spiegato di aver aperto una raccolta fondi per ripagare i possibili testimoni che daranno una mano nella risoluzione del caso, è scoppiata in lacrime: «Io spero di trovare mia figlia e avere la verità, sono passati tre mesi, pensate come mi sento. Speravo che qualcuno parlasse, che dicesse la verità, ma nessuno finora ha parlato». Katherine Alvarez ha fatto un appello agli ex occupanti dell’Astor: «Mi rivolgo a Lidia, che era l’amministratrice dell’ex hotel e agli altri, chi sa qualcosa lo dica». In chiusura, la madre di Kata ha affermato di non conoscere le due peruviane che hanno ricevuto l’avviso di garanzia, che non sa nulla riguardo al trolley trasportato da tre dei cinque indagati il pomeriggio del 10 giugno, giorno della scomparsa di sua figlia, e di essere convinta che cercare in Perù qualcuno che sappia la verità sull’accaduto sia inutile.


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