In Evidenza ENISiriaUSA
ATTUALITÀCampaniaCampi FlegreiEvacuazioneIngvNapoliTerremotiVulcani

Campi Flegrei, l’allarme del vulcanologo dell’Ingv dopo le scosse: «Possibile una super-eruzione: perché rischiamo di evacuare la gente tardi»

Per Giuseppe Mastrolorenzo, primo ricercatore dell'Istituto di vulcanologia, è «improbabile pensare di prevedere l'evento 72 ore prima»

Il piano di evacuazione della Protezione civile in caso di eruzione nei Campi Flegrei è irrealistico. È quanto sostiene il vulcanologo e primo ricercatore dell’Ingv Giuseppe Mastrolorenzo. Il motivo? Perché parte da uno «scenario probabilistico» che esclude quindi l’ipotesi ben peggiore: l’evacuazione di civili a eruzione in corso. Lo studioso ha rilasciato un’intervista al programma “Overshoot” di Radio Radicale dove ha ribadito le convinzioni che porta avanti da tempo: «Se l’eruzione ci coglie di sorpresa dovremmo poter sapere cosa fare e come aiutare la gente, ma tutto questo oggi semplicemente non è stato previsto». L’ultima scossa di terremoto ha risvegliato le paure dei residenti nella zona, ma a parte l’incontro a Roma tra i sindaci dei comuni interessati e il ministro della Protezione civile Nello Musumeci, il cambio di passo non c’è stato.

Il piano della Protezione civile

Due zone, una rossa e una gialla con rispettivamente 500mila e 800mila abitanti. Due evacuazioni, nella prima obbligatoria, nella seconda se necessario. Questo il piano della Protezione civile, su basi scientifiche fornite dall’Ingv, nel caso in cui scatti l’allarme a 72 ore da una possibile eruzione nei Campi Flegrei. Due rischi: da una parte un possibile falso allarme, dall’altra un ritardo non scusabile. L’evacuazione prevede l’allontanamento dalle zone attraverso i percorsi stradali principali per chi si muoverà in via autonoma. Chi chiederà assistenza invece sarà trasferito in nave, treno o pullman, in alcune zone previste dove altri bus porteranno tutti alle aree di incontro. L’allontanamento dalla zona rossa è previsto in 72 ore ed è cadenzato da vari passaggi: entro le prime 12 le persone dovranno prepararsi e verrà predisposta la regolazione del traffico, nelle successive 48 ore partiranno contemporaneamente tutti i mezzi. Il piano prevede anche un margine di sicurezza di 12 ore, in caso di criticità ed emergenze. L’eruzione, secondo gli esperti, sarà al 95% «minore od uguale a quella di taglia media», sulla base dell’attività vulcanica nella zona degli ultimi 5.000 anni. Da anni l’allerta è sul livello giallo.

«Il problema vero non sono le scosse ma l’eruzione»

Sebbene i terremoti colpiscano di più l’immaginario collettivo, per la loro frequenza rispetto alle eruzioni, il vulcanologo Mastrolorenzo sottolinea quale problema sia più importante: «Da parte delle autorità si pone molto l’accento sul rischio sismico, ma nei Campi Flegrei la sismicità non è mai stata particolarmente violenta, mentre il problema vero riguarda il fatto che le scosse attuali possono essere già i precursori dell’eruzione, che potrebbe essere una supereruzione». Per rendere meglio l’idea, secondo il primo ricercatore dell’Ingv, l’energia rilasciata sarebbe «decine di volte superiore a quella del 79 d. C. di Pompei». E realizzare un piano basato sulle probabilità e su un margine orario è un errore di comunicazione: «È grave che si dia per scontato che si riuscirà a prevedere l’eruzione addirittura con 72 ore di anticipo, una ipotesi molto ottimistica, quasi come se avessimo firmato un contratto con il vulcano». Anche un solo parametro può rendere vana ogni previsione, spiega Mastrolorenzo: «Il problema è che la valutazione sui livelli di allerta, quando cioé passare a quello arancione e nel caso al rosso, viene presa dalla Commissione Grandi rischi sulla base di esperienze e valutazioni dei singoli membri ed è molto probabile che si arrivi a un falso allarme oppure, peggio ancora, che si ritardi l’evacuazione e ci ritroviamo magari a eruzione già iniziata…»

L’opzione del vulcanologo

Quale alternativa propone allora Mastrolorenzo? Per il vulcanologo bisogna «abbandonare l’approccio probabilistico del piano di evacuazione e adottare quello deterministico, in pratica dobbiamo metterci in condizione di elaborare un piano che preveda l’allontanamento della popolazione anche durante una fase eruttiva già iniziata». Questa per il ricercatore è l’ipotesi più probabilè, come altre eruzioni hanno dimostrato: si veda il Pinatubo nelle Filippine e il Merapi in Indonesia. È necessario aggiornare il piano attuale, prevedendo vie di fuga radiali e non tangenziali: «Se l’eruzione ci coglie di sorpresa dovremmo poter sapere cosa fare e come aiutare la gente, ma tutto questo oggi semplicemente non è stato previsto».

Leggi anche:

Articoli di ATTUALITÀ più letti