«L’accompagnamento non è dovuto, devi restituire 1.000 euro»: la richiesta dell’Inps a un malato di Sla per un ricovero del 2021

L’istituto ha chiesto il saldo del debito con una lettera, ma per il paziente l’assistenza della moglie era necessaria

Sono circa mille euro per un accompagnamento non dovuto. Tanto dovrà restituire all’Inps Carlo Antonini, bresciano di Sarezzo e malato di Sla. La lettera che gli è stata inviata dall’istituto nazionale di previdenza sociale gli intima di saldare il debito contratto con l’ente. Secondo l’Inps un ricovero superiore ai 29 giorni di ospedale fa decadere il diritto di percepire l’assegno di accompagnamento richiesto dalla moglie del paziente. Una decisione che per il malato di Sla è l’ennesima dimostrazione di quanta poca cura e conoscenza ci sia delle condizioni di un paziente disabile. A un post su Facebook ha affidato tutta la sua amarezza: «Prima di tutto voglio precisare che non voglio niente ma voglio spiegare cosa deve passare un disabile – spiega Antonini grazie a un comunicatore – Si sente dire che bisogna aiutarci, diminuendo le tasse, ma sono soltanto parole».


La vicenda

Nel 2021 Antonini è stato ricoverato all’ospedale Niguarda di Milano per una tracheotomia. L’uomo è dovuto rimanere all’interno della struttura per due mesi. Accanto aveva sempre la moglie Valentina, una presenza che poteva fare la differenza tra la vita e la morte perché il malato di Sla era costantemente a rischio di soffocamento. L’assistenza della donna era anche stata attestata dal Centro clinico Nemo che aveva firmato un documento che riconosceva la sua necessità. Una soluzione per evitare che l’assegno di accompagnamento venisse interrotto durante il ricovero. Tuttavia, giovedì 28 settembre la coppia ha ricevuto una lettera dell’Inps che ricalcolava l’importo della pensione con i dati forniti dal Ministero della Salute e che tengono conto dei periodi di ricovero superiori ai 29 giorni nel 2021. Da qui la richiesta di risarcimento di mille euro per i ricoveri già coperti dal sistema sanitario nazionale. Antonini ha voluto però spiegare la sua situazione: «Se uno che prende l’accompagnamento va in ospedale e il grave lavoro di assistenza della famiglia passa all’ospedale, è giusto che per il periodo di degenza non prenda l’accompagnamento. Ma per un malato come me, che ha bisogno di una persona sempre vicino, che fa fare una carta dall’ospedale spedita all’Inps, questa carta poi vale se al massimo stai in ospedale 29 giorni? Senza dire i costi pagati da Valentina, circa 850 euro per il mangiare mentre l’ambulanza mi è stata pagata da amici che ringrazio ancora».


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