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L’intervista del dirigente di Hamas a Russia Today: «Preparavamo l’attacco da due anni, nemmeno i nostri alleati sapevano» – Il video

12 Ottobre 2023 - 17:52 Redazione
Ali Baraka ha raccontato la strategia impiegata dal gruppo terrorista palestinese per pianificare l'offensiva contro Israele

Sono serviti circa due anni di preparazione ad Hamas per sferrare l’attacco che sabato 7 ottobre ha colto di sorpresa Israele e portato a un’escalation del conflitto. A rivelarlo è Ali Baraka, responsabile delle relazioni internazionali del gruppo terroristico palestinese, in un’intervista a Russia Today. Le parole di Baraka sono andate in onda sull’emittente russa l’8 ottobre, all’indomani del massiccio bombardamento di Hamas su Israele. L’organizzazione dell’attacco, spiega il dirigente del gruppo palestinese, si è svolta in modalità top secret. E le persone che sapevano con precisione il momento di inizio dell’attacco, precisa Baraka, «si potevano contare sulle dita di una mano». Per non destare troppi sospetti Hamas avrebbe cercato di confondere l’intelligence israeliana con un approccio che il dirigente palestinese definisce «razionale». In particolare, il gruppo ha cercato di far credere al governo di Tel Aviv di essere già «impegnato a governare Gaza» e di aver «abbandonato del tutto la resistenza». Persino gli amici di Hamas all’estero – su tutti, i libanesi di Hezbollah e l’Iran – sono stati informati solo ad attacco già iniziato. Mezz’ora dopo l’inizio dell’operazione militare, spiega Baraka, «tutte le fazioni della resistenza palestinese sono state contattate, come pure i nostri alleati Hezbollah, l’Iran, sono stati avvertiti i turchi. Tre ore dopo, alle 9, si è tenuto un meeting con loro». Ma i contatti dei vertici di Hamas si sono spinti anche oltre: «Anche i russi hanno mandato un messaggio e sono stati aggiornati sulla situazione e sugli obiettivi della guerra». Infine, Baraka ha affrontato la questione degli ostaggi israeliani. Al posto di concedere qualche segnale di apertura per la loro liberazione, il dirigente di Hamas ha suggerito una possibile strada per raggiungere un accordo: «Ci sono nostri prigionieri negli Stati Uniti. Li vogliamo, naturalmente».

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