Israele: «Niente luce, acqua e benzina a Gaza fino al rilascio degli ostaggi. Distruggeremo la rete di tunnel»

Il bilancio dei morti in Israele è arrivato a 1.300 con circa 3.300 feriti. Tra i palestinesi sono più di 1.400

Sirene di allarme continuano a risuonane nella zona centrale di Israele per i razzi lanciati da Gaza. Mentre Tel Aviv si prepara all’«offensiva totale» contro Hamas. Il ministro dell’Energia israeliano, Israel Katz, ha fatto sapere che «non sarà fornita elettricità, né acqua, né entreranno camion di benzina a Gaza finché gli ostaggi israeliani non torneranno a casa». Nessuno – per Katz – «può fare a Israele prediche sulla moralità». La priorità delle forze di difesa israeliane – stando alle parole del portavoce dell’Idf (Israel Defense Forces, ndr) – è «l’attacco contro i comandanti» di Hamas, il gruppo terroristico che sabato 7 ottobre ha lanciato l’offensiva a sorpresa contro Israele provocando la morte di circa 1.300 persone. Secondo i militari israeliani da quando Hamas ha preso il controllo della Striscia di Gaza (nel 2007, ndr) «ha costruito una rete di tunnel sotto Gaza City fino a Khan Yunis e Rafah» e che l’Esercito starebbe cercando di smantellare: «Stiamo provando a colpirla – afferma il portavoce dell’Idf -. Non è destinata all’ingresso di civili, non è un bunker per i cittadini di Gaza da utilizzare quando Israele attacca, ma è solo ad uso di Hamas e di altri terroristi in modo che possano continuare a lanciare missili e inviare terroristi».


Il valico di Rafah

Il valico di Rafah, che collega Gaza all’Egitto – oltre ad essere utilizzato da Hamas, come spiega il portavoce delle truppe israeliane – è considerata la via di fuga per migliaia di persone che scappano dagli attacchi e dall’isolamento; ma anche la porta di accesso usata dalle organizzazioni per far entrare nell’enclave gli aiuti umanitari. Più volte colpito nella notte da raid israeliani, nella giornata di ieri il valico – secondo media locali – è stato chiuso definitivamente. Il portavoce del governatorato del Nord Sinai, Mohamed Selim, ha però sottolineato all’Ansa come la frontiera potrebbe essere riaperta – questa sera o domani mattina – per sei ore, al fine di consentire l’ingresso degli aiuti umanitari egiziani a Gaza, se Israele accetta una tregua. Il portavoce ha poi aggiunto che sono pronti a partire per la Striscia gli aiuti al momento fermi nelle città di al-Arish e Sheikh Zowaid nel Sinai. Già nella giornata di ieri – mercoledì, 11 ottobre – l’Egitto avrebbe discusso i piani per fornire aiuti umanitari attraverso il confine con la Striscia di Gaza con un cessate il fuoco limitato. La notizia non aveva però trovato reazioni o altre conferme, se non nelle parole del presidente egiziano riportate da Al Arabiya, secondo cui Abdel Fattah al Sisi avrebbe «invitato l’Europa e la comunità internazionale a sostenere la tregua, i negoziati e la cessazione dell’escalation a Gaza».


Gli sfollati

Nonostante l’obiettivo primario di Israele di colpire appartenenti dell’organizzazione terroristica Hamas, il bilancio dei civili uccisi nella Striscia di Gaza dai bombardamenti delle truppe di Tel Aviv continua a salire. «1.417 morti e circa 6.268 feriti», ha stimato il ministero della Sanità palestinese nel pomeriggio di oggi. Mentre gli sfollati – secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha), sono quasi 339mila persone. «Lo sfollamento di massa nella Striscia di Gaza continua», ha sottolineato l’Ocha spiegando che quasi 220mila persone hanno cercato rifugio nelle scuole gestite dall’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (Unrwa); circa 15mila sono fuggite nelle scuole gestite dall’Autorità palestinese; oltre 100mila hanno trovato rifugio presso parenti e vicini o in altre strutture religiose e civili della città di Gaza.

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