Sangiuliano conferma il taglio ai fondi per il cinema: «Finanziati film che hanno venduto 29 biglietti, è ora di cambiare registro»

Secondo i dati del ministero negli ultimi anni diversi film italiani hanno ricevuto generosi contributi pubblici a fronte di incassi inesistenti. Ecco da dove nasce la riforma del tax credit

In principio era una sforbiciata da 100 milioni di euro, poi è diventata un «taglio fisiologico» da 36 milioni. Fatto sta che, a prescindere da quale sarà la cifra finale, la decisione del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano di tagliare i fondi previsti per il comparto cinema ha scatenato polemiche e levate di scudi. Tutto ha inizio da una lettera, scritta proprio da Sangiuliano e indirizzata al collega del Mef Giancarlo Giorgetti: «Caro Giancarlo­, […] ti informo che è mia intenzione contribuire agli sforzi necessari alla definizione della prossima Legge di Bilancio 2024, attraverso risparmi di spesa per complessivi 100 milioni di euro a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo», si legge nel documento rivelato in esclusiva da Domani. La notizia riceve un’accoglienza a dir poco tiepida da parte delle opposizioni. Il leader di Italia Viva Matteo Renzi parla di «una scelta allucinante», mentre la segretaria del Pd Elly Schlein tuona: «Non ha precedenti che un ministro della Cultura inviti il collega del Mef a tagliare fondi al cinema oltre a quelli richiesti». Critico anche Francesco Rutelli, presidente dell’Anica, secondo cui «l’inversione di rotta» del ministero «provocherebbe instabilità e fermerebbe investimenti programmati».


Cosa prevede il piano del MiC

Ma cosa prevede la spending review a cui sta lavorando il ministero della Cultura? Innanzitutto, si tratta di una riforma del credito d’imposta. Nel 2019, i fondi messi a disposizione dal governo per il tax credit sono stati 423 milioni. Nel 2021, complice lo stop forzato dovuto alla pandemia, la cifra è schizzata a 821 milioni, per poi salire a 841 milioni di euro nell’anno successivo. Nei piani di Sangiuliano, nel 2023 ci sarà un’inversione di tendenza, con il tax credit che dovrebbe scendere a 746 milioni di euro. Il risparmio previsto dalla revisione del credito d’imposta sarebbe complessivamente di 36 milioni di euro: 14 provenienti da tagli al bilancio del ministero, 22 dirottati al finanziamento degli scavi archeologici di Pompei. Una delle principali novità della riforma prevede che il tax credit non potrà essere più utilizzato per pagare direttamente il compenso al regista dell’opera. E per ottenerlo, le case di produzione dovranno allegare alla domanda i contratti con piattaforme televisive per la distribuzione della pellicola.


Film senza spettatori e maxistipendi ai registi

Il motivo è presto detto: come emerge da un articolo pubblicato oggi su La Verità, molte produzioni italiane che hanno ricevuto generosi contributi pubblici hanno generato incassi quasi inesistenti. Qualche esempio? Sherlock Santa e Ladri di Natale, due film di Francesco Cinquemani costati complessivamente 15 milioni di euro. Per le due produzioni, il ministero ha concesso un contributo statale di 4 milioni, ma l’incasso dei due film è stato di appena 13mila euro. Un discorso simile vale per Prima di andare via di Massimo Cappelli: 700mila euro di contributo pubblico e 29 biglietti venduti al botteghino. Anche quando gli incassi vanno meglio, capita che buona parte dei contributi pubblici finiscano non nelle spese di produzione dei film ma direttamente nelle tasche dei registi. È il caso di We are who we are, la miniserie di Luca Guadagnino che ha ricevuto un finanziamento dal Fondo per il cinema di 13,2 milioni, di cui 2,4 che figurano come compenso attribuito dai produttori al regista. Ma lo stesso è avvenuto anche per A casa tutti bene, il film di Gabriele Muccino che ha ricevuto 6,3 milioni di sovvenzioni con il credito d’imposta ma più della metà sono finiti direttamente nelle tasche dell’autore della pellicola.

La revisione dei costi e il rischio di uno scontro politico

Ed è proprio per mettere un freno a episodi di questo genere che il ministero della Cultura intende riformare la legge del tax credit. Uno strumento «indispensabile», precisa la sottosegretaria Lucia Borgonzoni, ma che va profondamente rivisto. «Ridare il tax credit al 40% per un film il cui regista prende due milioni di euro? Forse no, sarebbe meglio limitarlo a una certa cifra». E anche il ministro Sangiuliano, intervenuto oggi a margine di un evento a Matera, non usa giri di parole: «Chi vuole attingere alle risorse pubbliche deve avere un po’ di moralità. Il cinema è un settore dove ci sono stati tanti sprechi». Il riferimento è proprio a tutte quelle produzioni sovvenzionate negli anni passati dallo Stato e che «hanno avuto spettatori che si contano sulle dita di una mano». Insomma, secondo Sangiuliano il settore «va severemente e seriamente riformato, anche interloquendo con le categorie». Ora resta solo da vedere come reagiranno registi e associazioni di categoria, considerate dai vertici del MiC come troppo simpatizzanti con la sinistra. E il rischio, paventato oggi anche da Paolo Sorrentino, è proprio questo: che il confronto esca dai binari della razionalizzazione dei costi per trasformarsi in una battaglia culturale e politica.

Credits foto: ANSA/Ciro Fusco | Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano (22 settembre 2023)

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