Il “cervello in fuga” che non vuole più tornare in Italia: «Il mio paese non mi vuole, resto alla Nasa»

Alessandro Liberatore lavora a Pasadena, nel centro di sviluppo dell’ente Usa

Alessandro Liberatore, 31 anni, l’anno scorso è partito da Torino per fare negli Stati Uniti il post dottorato da astrofisico. Studia le eruzioni solari a Pasadena, nel centro di ricerca e sviluppo della Nasa. Voleva tornare in Italia l’anno prossimo. Ma il taglio degli incentivi fiscali per il rientro dei cervelli gli ha fatto cambiare idea. Resterà nella contea di Los Angeles ad analizzare le immagini delle sonde “Solar Orbiter” e “Parker Solar Probe” durante il loro viaggio attorno al Sole. «Non mi sento voluto dallo Stato a cui vorrei restituire un debito perché l’Italia mi ha formato», dice oggi in un’intervista a la Repubblica. «Per questo resterò alla Nasa», conclude nel colloquio con Giuseppe Colombo.


Non mi sentivo valorizzato

«Ho lasciato il mio Paese perché non mi sentivo valorizzato», premette Liberatore. «Dopo un dottorato in astrofisica e due missioni in Antartide ho ricevuto da molte aziende posizioni di basso profilo e in più mi sono sentito dire che continuare a specializzarmi e a fare ricerca mi avrebbe solo reso troppo vecchio per lavorare con loro». A quel punto ha capito che doveva partire: «E così ho fatto domanda per un post dottorato presso il Jpl (Jet Propulsion Laboratory) della Nasa in collaborazione con il California Institute of Technology. Mi hanno preso e a quel punto mi sono detto: sto lì un paio di anni e poi rientro, approfittando anche degli sgravi fiscali per chi ritorna in Italia». Stava programmando tutto: «Ho saputo di alcuni bandi in uscita l’anno prossimo che mi darebbero l’opportunità di ritornare e proseguire la mia attività di ricercatore».


Il decreto che riduce gli incentivi

Però poi ha cambiato idea: «Ho letto del decreto che riduce gli incentivi: in una settimana è cambiato tutto e così sono passato da essere un ricercatore con le agevolazioni a uno senza. Trovo buffo che le mie competenze abbiano perso di valore in pochi giorni». Anche se a quanto pare non tocca nulla riguardo i ricercatori universitari: «Non è chiaro e poi ci sono anche gli enti pubblici e i privati. Il messaggio che passa è che devo essere io a sacrificarmi se voglio ritornare nel mio Paese per portare le mie conoscenze e dare il mio contributo. Oggi, come molti altri, non mi sento voluto dal mio Paese».

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