Quota 104, Opzione Donna, Ape Social: così andare in pensione anticipata nel 2024 sarà più difficile

La legge di bilancio inasprisce i requisiti dell’età e dei minimi. Gli anticipi più difficili e non convenienti

Quota 104 sì, ma con penalizzazione. Ape social ma solo a partire da 63 anni e 5 mesi. Opzione Donna ancora possibile ma a 61 anni e per una platea limitata, come quella dell’anno scorso. Il governo Meloni nella legge di bilancio rende la pensione anticipata più difficile. E allunga i tempi dell’uscita dal lavoro. Con requisiti sempre più stringenti. Prima di arrivare in parlamento la manovra si arricchisce anche di una mini-stretta sulle pensioni dei dipendenti degli enti locali e degli insegnanti. E anche un mini-taglio delle pensioni più alte. Il risparmio programmato è di oltre un miliardo. Mentre chi ha cominciato a lavorare dopo il 1996 dovrà aver incassato per vent’anni uno stipendio da 2.300-2.400 euro. Altrimenti rischia di andare in pensione a 67 o 71 anni.


La stretta

Quota 104 per l’anticipo della pensione dovrà infatti avere almeno 63 anni di età (nel 2023 erano 62) e 41 di contributi. Chi aderisce al nuovo schema vedrà una decurtazione dell’importo relativo alla quota retributiva legato all’età di uscita. La manovra inoltre allunga da tre a sei mesi la durata delle finestre per il settore privato e da sei a nove mesi per il settore pubblico. L’importo dell’assegno, nella sua quota calcolata con il sistema retributivo, verrà ridotto mediante coefficienti di trasformazione in proporzione agli anni che mancano all’età della pensione di vecchiaia. E quindi se si esce prima si prende meno. Repubblica spiega che chi ha i requisiti per uscire accetta un ricalcolo contributivo e quindi un taglio del 12% sulla quota retributiva maturata prima del 1996. Chi invece decide di restare può incassare in busta paga il bonus Maroni, la parte di contributi previdenziali che versa all’Inps pari al 9,19%, abbassando però la pensione futura.


Gli anticipi difficili e non convenienti

Sulle pensioni anticipate, dal 2025 potrebbero non bastare più 42 anni e 10 mesi di contributi oltre ai tre mesi di finestra mobile per l’accesso alla pensione anticipata indipendentemente dall’età (41 anni e 10 mesi per le donne). Anticipato dalla fine del 2026 alla fine del 2024 il periodo nel quale non sono previsti adeguamenti alla speranza di vita. Per i lavoratori in regime contributivo sale anche l’importo minimo maturato necessario per poter accedere alla pensione tre anni prima dell’età di vecchiaia. La soglia, a fronte di almeno 20 anni di contributi versati, sale da 2,8 a 3,3 volte l’assegno sociale. In pratica, secondo i valori riferiti al 2023 da 1.409 euro a 1.660.

L’Ape sociale e Opzione Donna

L’Ape sociale, ovvero l’indennità provvisoria fino al pensionamento riservata a categorie particolari nel 2024 potrà essere usato da chi ha 63 anni e 5 mesi di contributi. L’indennità, che vale fino a 1.500 euro mensili, non è cumulabile con altri redditi. Tranne quelli da lavoro autonomo occasionale e fino a 5 mila euro annui. Opzione Donna invece diventa riservata alle lavoratrici con 35 anni di contributi entro il 2023 e 61 anni di età (non più 60), requisito ridotto di un anno per ogni figlio fino a un massimo di due. Le categorie interessate restano quelle di disoccupate, caregiver o invalide almeno al 74%. Poi c’è la misura che riguarda dipendenti degli enti locali, sanitari e maestri delle scuole elementari. Quelli che vanno a riposo con una quota di pensione retributiva inferiore ai 15 anni subiranno un taglio delle aliquote e quindi dell’assegno.

L’adeguamento e i vuoti contributivi

Ci sarà invece l’adeguamento pieno all’inflazione per le pensioni fino a 4 volte il minimo, sotto cioè 2.000 euro circa, al 90% (dal precedente 85%) per quelle tra 4 e 5 volte il minimo, e al 22% (con un taglio rispetto al 32% delle norme in vigore quest’anno) per quelle più alte, ovvero sopra 10 volte il minimo, pari a circa 5 mila euro al mese. E nel 2024 e 2025 i lavoratori in regime contributivo potranno riscattare i vuoti contributivi per un massimo di 5 anni anche non continuativi, adeguandoli ai periodi di lavoro. I versamenti potranno essere effettuati in un’unica soluzione o in massimo 120 rate mensili, ciascuna di importo non inferiore a 30 euro.

La pensione dei Millennial

Infine, la Repubblica fa notare che il governo Meloni ha scritto nella legge di bilancio che quando chi è nato tra gli anni Ottanta e i Novanta avrà l’età – ad oggi pari a 67 anni – potrà andare in pensione se l’importo sarà almeno pari a 503 euro. Non avranno, come i loro genitori, l’integrazione al minimo, ovvero l’istituto che la legge Fornero non contempla per i contributivi puri. E non solo: il governo ha inasprito anche il requisito delle 2,8 volte della pensione anticipata contributiva. Portandolo addirittura a 3,3. Quindi se non si ha una pensione da 1.659 euro non si può approfittare dell’unico canale positivo su cui i contributivi potevano contare: l’uscita anticipata a 64 anni con 20 di contributi.

Leggi anche: