«Insieme per far crescere il territorio», la voce dei soci Coop – Il video

in collaborazione con Coop

Tre persone, con tre storie diverse, unite dalla volontà di voler aiutare il territorio

«Quando la cooperativa chiama, io rispondo sempre». È bastata una semplice telefonata per convincere Marco, Lorenzo e Caterina a salire sul treno per Milano e farci raccontare la loro esperienza. Li abbiamo incontrati a Casa Chiaravalle, uno dei pochi luoghi a Milano dove la frenesia della città lascia ancora spazio ai suoni e ai colori tipici della campagna. A tutti e tre abbiamo fatto la stessa domanda: perché hai scelto di diventare un socio Coop? «Perché prima era solo un supermercato, poi è diventato un modo di vedere il mondo», ci risponde subito Lorenzo Bugliesi, imprenditore e da oltre 10 anni socio dell’Unicoop Tirreno di Livorno. Grazie al comitato soci, Lorenzo ha preso parte a una lunga lista di progetti e iniziative. Un esempio? La campagna per la donazione del sangue, in cui Coop ha messo a disposizione le proprie strutture per tutte le associazioni locali e aiutare nella raccolta del sangue destinato a ospedali e strutture sanitarie. Essere socio Coop, insomma, non significa soltanto passare del tempo insieme ad altre persone ma avere un ruolo attivo nello sviluppo del proprio territorio. Aiutarlo a crescere senza lasciare indietro nessuno. Lo sa bene anche Caterina Rollero, pensionata e da oltre 30 anni socia di Coop Liguria. Nel suo caso è stato il programma «Coop Incontri» a convincerla a mettersi in gioco ed entrare nel comitato soci. «Ora ogni settimana offriamo una conferenza in sala o un’attività a Genova. E una volta al mese anche una gita fuori città», racconta Caterina. Per le nuove generazioni, l’ingresso nel mondo Coop spesso non è altro che l’approdo naturale dopo anni passati a frequentare circoli, associazioni e realtà di volontariato. È il caso di Marco Rocco De Luca, studente universitario 23enne e da 3 anni socio di Coop Alleanza, a Cesena: «L’esperienza a cui sono più legato in assoluto è il campo di Libera, a Valenzano, dove siamo stati con altre decine di ragazzi in un bene confiscato dalla mafia. È stata un’esperienza fortissima, che mi porterò dietro per sempre».


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