Cosa succederà a Gaza dopo la guerra di Israele ad Hamas: le 3 soluzioni e la forza internazionale di pace (senza Usa)

Discussioni preliminari della diplomazia. La possibilità di un controllo di truppe occidentali e arabe. L’opzione peacekeeping e quella dell’Onu

Una forza internazionale a Gaza dopo che Israele avrà sconfitto Hamas. Una diplomazia dietro le quinte lavora per far stabilire truppe per il mantenimento della pace. Anche se probabilmente non includerà truppe americane. Ma che potrebbe prevedere il ritorno della Striscia sotto il controllo dell’Autorità Palestinese. E di Abu Mazen, che però ormai ha 87 anni e non gode di ampia popolarità in zona. Oppure di un suo successore. L’idea rimbalza dagli Usa all’Europa. A parlarne apertamente sono stati i senatori dem Chris Van Hollen e Richard Blumenthal. «Sono in corso discussioni sulla possibile composizione di una forza internazionale», ha detto Van Hollen, rifiutandosi di entrare nei dettagli specifici.


Discussioni preliminari e fragili

«Sono discussioni molto preliminari e fragili. Penso che sarebbe importante avere una sorta di forza multinazionale a Gaza come transizione verso qualunque cosa accada dopo», ha aggiunto. Secondo la rivista Bloomberg gli Stati Uniti pensano a riempire il vuoto di potere che si creerà dopo la caduta di Hamas. Ma Mohammed Shtayyeh, il premier palestinese, ha già messo in chiaro che un coinvolgimento del suo governo implica un’iniziativa di pace complessiva tra Gaza e Cisgiordania. «Non possiamo semplicemente tornare portati dai carrarmati israeliani». Salem Fayyad, spiega oggi il Corriere della Sera, è il politico indipendente che nel 2007 è stato nominato primo ministro. All’epoca Gaza era stata tolta ad Abu Mazen con le armi. E i governi palestinesi erano due. Fayyad, economista che adesso insegna all’università di Princeton, scrive in un articolo per Foreign Affairs che – una volta disarmati – Hamas e la Jihad Islamica dovrebbero entrare nella Organizzazione per la liberazione della Palestina.


Prospettiva improbabile

Una prospettiva improbabile, visto che l’Olp riconosce israele mentre gli altri due gruppi non ne accettano l’esistenza. Mentre l’editorialista di Haaretz Anshel Pfeffer fa notare che nonostante i 16 anni al potere di Hamas la burocrazia dell’Autorità Palestinese sia rimasta intatta. Almeno a livello di impiegati. Che anche se sostituiti con funzionari legati ai nuovi capi, hanno continuato a ricevere gli stipendi. La conclusione della vicenda dovrebbe arrivare a costituire la famosa formula “Due popoli, due Stati”. Per questo gli Stati Uniti non sostengono una dislocazione permanente di abitanti di Gaza fuori della Striscia. Ma il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby in un briefing a bordo dell’Air Force One ha spiegato che gli Usa non credono che Hamas possa rappresentare il futuro governo a Gaza.

Tre soluzioni

Secondo Bloomberg sono tre le opzioni all’esame. Fermo restando che l’obiettivo finale per Joe Biden resta la creazione di uno stato palestinese accanto a quello ebraico. La prima concederebbe un controllo temporaneo su Gaza ai paesi della regione, sostenuti da truppe americane, britanniche, tedesche, francesi e, idealmente, di nazioni arabe come l’Arabia Saudita o gli Emirati. La seconda è una forza di peacekeeping sul modello della forza multinazionale e del gruppo di osservatori che opera nel Sinai, facendo rispettare le condizioni del trattato di pace del 1979 tra Egitto e Israele: un’idea che Israele riterrebbe degna di considerazione. Una terza opzione sarebbe un governo temporaneo della Striscia sotto l’ombrello dell’Onu. Una soluzione che avrebbe il vantaggio della legittimità delle Nazioni Unite. Ma che Israele ritiene non praticabile per la sua sfiducia verso il Palazzo di Vetro.

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