La mamma di Bergamo accusata di aver ucciso i suoi due bambini: quelle contraddizioni davanti ai carabinieri e quel «pianto insopportabile»

Prima la scomparsa di Alice, quattro mesi, poi quella di Mattia, di due.
La svolta dall’autopsia del piccolo, morto per asfissia meccanica

Prima è morta Alice, a quattro mesi. Una morte in culla, fu definita al tempo. Poi, l’anno dopo dopo è toccato al fratellino Mattia, che di mesi ne aveva solo due. E due morti in culla, per la mamma di Bergamo arrestata e accusata di aver ucciso i suoi due bambini, sono iniziate ad esser sospette. Quando il 25 ottobre dell’anno scorso, alle 9 di mattina la mamma 27enne, Monia Bortolotti, chiamò i soccorsi per quel piccolo che non respirava più, i carabinieri sono voluti andare a fondo. Mesi di indagini, audizioni ma ad esser decisivo è stato l’esito dell’autopsia, arrivato a fine febbraio scorso, che ha attribuito la morte del secondo figlio per “asfissia meccanica da compressione”. Nei mesi successivi la donna è stata ascoltata più volte, spiega Repubblica, e in alcuni casi si sarebbe contraddetta. Il corpo della sorellina di Mattia, riesumato anche esso dopo li elementi emersi per la morte del secondogenito, purtroppo non era più analizzabile. Per gli inquirenti la donna avrebbe agito «nella piena capacità di intendere e di volere, apparendo lucida, ben orientata, con grande capacità di linguaggio, razionalizzazione e freddezza, caratteristiche palesate, tra l’altro, nell’organizzazione della propria difesa, dopo aver scoperto di essere sospettata dei due infanticidi».


Chi è la mamma di Bergamo accusata di infanticidio

Il malessere della donna, spiega Repubblica, non è un mistero. Da anni la mamma raccontava alla psicologa la difficoltà di gestire i bambini. Il compagno, 52enne, operaio, le dava una mano. Così come i nonni che andavano sempre nella casa dove la coppia si era trasferita da 4 anni a Pedrengo, a pochi chilometri da Bergamo. Per gli inquirenti il movente degli infanticidi sarebbe «nell’incapacità della madre di reggere alla frustrazione del pianto prolungato dei bambini». Non una patologia psichica, precisano. Monia, dopo anni da insegnanti di danza con l’arrivare della prima gravidanza ha fatto la casalinga. Nata in India, da quando aveva un anno era stata adottata da una coppia di bergamaschi e dall’altra parte del mondo era arrivata a Gazzaniga, altro paesone del bergamasco.


Le contraddizioni della donna e quelle visite mancate al cimitero

Durante l’indagine i dubbi sugli omicidi erano balzati anche tra i parenti della coppia, che ne parlavano, intercettati dai carabinieri. «Nel sentir piangere i figli, non volevo sentirli piangere, era più forte di me», avrebbe raccontato la donna ai familiari. Ieri è rimasta impassibile quando l’hanno arrestata. Con gli investigatori, durante le audizioni, si è contraddetta più volte. Specialmente per la morte della piccola Alice. Ad avviso di garanzia ricevuto – spiega la testata- ha parlato dei cuscini che metteva nella culla della piccola per farla dormire su un lato, per farla digerire meglio, dando a loro la colpa del decesso. La donna non andava quasi mai sulle tombe dei suoi figli, a differenza del padre.

Leggi anche: