Auto e camion, il Parlamento europeo chiede più tempo per ridurre le emissioni. Il governo Meloni: «Successo dell’Italia, ora maggioranza di destra in Ue»

Per il ministro Urso quella raggiunta ieri in plenaria è una «svolta verso una visione concreta» della transizione ecologica. Ora i negoziati con Commissione e Consiglio

L’Ue potrebbe ammorbidire la sua normativa sulla transizione ecologica del parco auto. Quanto meno sui tempi di entrata in vigore dei divieti di produzione per le case costruttrici. Ieri infatti il Parlamento europeo ha adottato la sua posizione negoziale sui nodi del passaggio ad Euro 7, la categoria di veicoli a ridotte emissioni di gas di scarico che dovrebbe diventare lo standard dal 2030. Nella proposta – votata a maggioranza in plenaria con 329 sì, 230 no e 41 astensioni – si chiede in particolare di allungare di due anni il tempo di allineamento agli nuovi standard per chi produce auto e di almeno quattro per chi produce mezzi pesanti. Ma si raccomanda al contempo per la prima volta l’introduzione di limiti per le emissioni derivanti dall’usura di pneumatici e freni. Quanto alle emissioni inquinanti permesse, il Parlamento ha sostenuto i livelli proposti dalla Commissione riguardo alle auto, e chiesto di adottare invece livelli più rigoroso per autobus e veicoli pesanti. Nella posizione adottata si fissano infine anche nuove disposizioni per la durata minima delle batterie. Quella varata non è ancora la posizione complessiva dell’Ue: la proposta andrà ora sottoposta al cosiddetto trilogo, ossia al negoziati inter-istituzionale con Commissione e Consiglio (gli Stati membri).


La destra brinda all’accordo

Il relatore del provvedimento, il ceco Alexandr Vondra del gruppo Ecr, quello della destra conservatrice che fa riferimento a Giorgia Meloni, ha festeggiato l’accordo sostenendo che l’assemblea ha così «raggiunto con successo un equilibrio tra gli obiettivi ambientali e gli interessi vitali dei produttori», e ha aggiunto: «Sarebbe controproducente attuare politiche ambientali che danneggiano sia l’industria europea che i suoi cittadini. Attraverso il nostro compromesso, serviamo gli interessi di tutte le parti coinvolte e ci allontaniamo da posizioni estreme». Ad essere soddisfatto del punto di caduta anche il governo italiano. Per i contenuti del provvedimento, ma anche per il segnale politico. Per Adolfo Urso quello ottenuto ieri è «un successo per l’Italia» e una «svolta netta e significativa rispetto alla proposta iniziale della Commissione, che risponde a una visione concreta e pragmatica». Ma appunto è significativo anche il senso politiico della votazione, perché come ha osservato il ministro delle Imprese e del Made in Italy questa ha visto il formarsi di «una nuova maggioranza politica» di centro-destra al Parlamento europeo. La cosiddetta “maggioranza Ursula” che ha governato l’assemblea negli ultimi 4 anni, in effetti (popolari-socialisti-liberali), si è spaccata sul provvedimento: a votare in favore della proposta sono stati compattamente (o quasi) i gruppi Ecr, Ppe e Renew e una buona parte del gruppo Id, quello di cui fa parte la Lega.


C’è chi dice no

I socialisti si sono invece spaccati: la maggioranza del gruppo, inclusa la delegazione Pd, ha votato contro perché favorevole a un testo più ambizioso rispetto a quello varato. Contrari al compromesso raggiunto anche i Verdi, che parlano di «occasione mancata» e il Beuc, l’organizzazione europea dei consumatori, secondo cui il nuovo regolamento «è più vicino a un aggiornamento minimo dell’Euro 6 che a una nuova generazione di regole sulle emissioni».

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