Pesaro, condannato per violenza sessuale e maltrattamenti evade dai domiciliari strappando il braccialetto elettronico. Le ex che lo hanno denunciato rivivono l’incubo

L’uomo, in attesa della sentenza della Cassazione, ora è ricercato dalle autorità. Le vittime temono di esser in pericolo

Lo hanno condannato due volte per violenza sessuale e maltrattamenti ad una pena di 10 anni e 4 mesi, confermati in appello, ma è riuscito a fuggire dagli arresti domiciliari una settimana fa, rompendo il braccialetto elettronico. Federico Marcelli, 49 anni, pesarese, ex barista, è ricercato e le due donne che lo hanno denunciato ora vivono ore di apprensione. L’uomo si trovava in casa della madre, in attesa della sentenza in Cassazione. Del caso ne parla l’edizione pesarese de Il Resto del Carlino.


I racconti di violenze e abusi

Le vittime sono seguite dallo stesso legale, Elena Fabbri, del foro di Rimini. La seconda compagna, già madre di tre figli, divorziata ha raccontato al quotidiano l’inizio dell’incubo: «Ci siamo visti nel portare i bambini a scuola. Era simpatico, galante. All’inizio mi ha regalato un diamante, dei fiori, una notte in un hotel di lusso. Sembrava appassionato e rispettoso». Stessa impressione la prima vittima, 49 anni. «L’ho conosciuto nel 2016 e mi sembrava una persona a posto. Siamo stati insieme 4 anni. Poi ha cominciato ad avere sbalzi d’umore violenti perché forse prendeva stupefacenti. Abbiamo aperto un ristorante, sono rimasta incinta ed è nato un figlio ma poi è diventato sempre più aggressivo. L’ho denunciato e sono fuggita con mio figlio piccolissimo protetta dalla polizia». Il racconto delle donne al quotidiano è particolarmente pesante. L’ultima vittima racconta: «Mi ha violentata e messa incinta. Avevo già avuto un figlio da lui, ma voluto, invece dopo ho abortito perché non potevo tenere quel bambino della violenza». E l’altra: «Mi alzava le mani fino a farmi male, immobilizzandomi per violentarmi ovunque si trovasse. Anche dietro una porta sul retro del bar. Lo poteva fare anche tutti i giorni, e io subivo disperata. Era un malato. Non avevo il coraggio di denunciarlo per la vergogna. Fino a quando non mi ha mandato in ospedale per le botte. Mi aveva gettato a terra, ho battuto la testa e sono rimasta immobile per mezzora. Poi mi sono alzata, sono uscita, l’ho visto seduto che rideva. Sono salita in macchina andando in ospedale. Non so come non sia andata a sbattere. Ma una volta lì i medici si sono subito accorti di tutto quello che era successo, ed hanno chiamato la polizia. Solo a quel punto, ho buttato fuori tutto l’inferno che stavo vivendo».


(foto repertorio ANSA)

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