Il ritorno di Vendola da presidente di Sinistra Italiana: «Ma non mi candido. E Meloni dovrebbe scusarsi per Giambruno»

L’ex Sel accetta la carica; torno a sentire il richiamo della foresta

Nichi Vendola dice che non è mai fuggito dalla politica: «Ho solo smesso di avere ruoli apicali nella vita pubblica. Ma si può fare politica anche lontani dai radar dei media». Adesso però dice di sentire «il richiamo della foresta». Per questo, dice oggi a Repubblica ha accettato la carica di presidente di Sinistra Italiana. Ma non si candiderà alle elezioni europee: prima aspetta l’esito dell’appello per Ilva, dove è stato condannato in primo grado. A Lorenzo De Cicco dice anche che «se l’estrema destra abita a Palazzo Chigi vuol dire che la sinistra è messa male. Se metà degli elettori non vota vuol dire che anche la democrazia non sta tanto bene. Credo che la prima cosa necessaria da fare per risalire la china sia guardare in faccia la sconfitta, lavorando a ritrovare quella connessione sentimentale col popolo che è stata logorata da lunghi anni di governismo e moderatismo».


Governismo e Moderatismo

Per Vendola Giuseppe Conte è «un progressista moderato. Oppure un populista di centro. Che certo fa bene a rivendicare la bandiera del reddito di cittadinanza». Mentre che il Partito Democratico di Elly Schlein sia una grande Sel è «una sciocchezza. Sel provò a stringere col Pd un rapporto fondato sulla rottura con le politiche liberiste, ma quel Pd si portava addosso le controriforme del mercato del lavoro e si caricò sulle spalle il mito degli ottimati della tecnocrazia. Questo tempo è figlio di quelle scelte che facevano della sinistra il volto perbene delle élites. Ora si tratta di cambiare musica. Certamente il linguaggio di Elly è distante anni luce dal politicismo asfissiante e dal riformismo senz’anima che ha portato il Pd a perdersi e a perdere. Ma a lei tocca un compito difficile, la sua e la nostra strada è tutta in salita».


Il campo largo

Infine, rispetto al cosiddetto campo largo, «tutti dobbiamo sentire l’urgenza di costruirlo quel campo, con un confronto programmatico vero. Con un cartello elettorale sulla paura del fascismo non si fa molta strada. Il punto è rimettere al centro la questione sociale e connetterla con i diritti. Il punto è capire che la guerra è terreno di coltura della reazione e delle pulsioni autoritarie». Sul palco ha anche detto che Meloni dovrebbe esprimere solidarietà «alle vittime delle performance sessiste» di Giambruno: «C’era di mezzo una donna umiliata dinanzi a milioni di spettatori. E c’era di mezzo la loro bambina. Certo si è visto quanta fiction ci fosse nella vita di coppia celebrata dai rotocalchi. Ma ora che lei pensa di cavarsela con la foto delle donne di famiglia, per dire che non c’entra col patriarcato, glielo voglio dire: avrebbe dovuto dare la propria solidarietà alle donne su cui il suo ex aveva esercitato la sua verve sessista».

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