Quei 45 minuti in cui è andato a fuoco l’ospedale di Tivoli

Per la procura non c’è dolo ma passa almeno mezz’ora dalla prima chiamata allo scoppio dell’incendio. Dal sistema di spegnimento alla corrente elettrica. Cosa non ha funzionato

Sull’incendio la notte dell’Immacolata all’ospedale di Tivoli, il San Giovanni Evangelista, dove hanno perso la vita tre pazienti è stata aperta un’inchiesta della procura. Le fiamme sono partite dall’esterno sul retro del nosocomio e hanno interessato cumuli di rifiuti di ogni genere. «Abbiamo acquisito numerose immagini dall’impianto di videosorveglianza, da cui abbiamo un quadro chiaro su quanto accaduto e attraverso le quali al momento possiamo escludere il dolo», ha detto Francesco Menditto, procuratore del comune della città metropolitana di Roma. L’incendio si sarebbe propagato dall’interrato fino al pronto soccorso, interessando con il fumo gran parte della struttura. Ma un’emergenza che poteva esser gestita meglio lascia dietro di sé tre morti. Al vaglio degli inquirenti c’è il sistema antincendio, aggiornato nel 2016, non entrato perfettamente in funzione — secondo i racconti dei testimoni — e che potrebbe essere la causa anche dei decessi per fumo di due pazienti della medicina generale e uno della medicina d’urgenza. Ne parla oggi Repubblica, spiegando il lasso di tempo, perso, che ha permesso alle fiamme di farsi strada nell’edificio. L’incendio infatti scoppia alle 22.30 ma la prima telefonata alle forze dell’ordine arriva solo alle 23. I vigili del fuoco sul posto operano dalle 23.15. Quarantacinque minuti di vantaggio, in cui soprattutto non ci sarebbe stata la chiusura delle porte antipanico.


Da dove è partito il rogo dell’ospedale di Tivoli

Il materiale speciale e pericoloso all’aria aperta, depositato all’esterno della struttura potrebbe aver preso fuoco per una sigaretta o per un corto circuito. Secondo la procura non c’è dolo. Quello che è certo è che
l’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, ha inserito tra gli otto ospedali peggiori d’Italia anche il San Giovanni Evangelista. Per ricostruire la dinamica dei fatti è stato disposto il sequestro delle telecamere che inquadrano il piazzale finito sotto sequestro insieme al pronto soccorso e ad altre aree interne. Da approfondire anche l’energia elettrica, saltata durante l’emergenza. Franco, 65 anni,
paziente della medicina generale, si è salvato da solo. Racconta a Repubblica: «Era buio pesto, a un certo punto tocco delle persone distese e urlo loro di alzarsi e scappare. Ma erano morti: ero finito nella camera mortuaria». Scattata l’emergenza c’è stato il fuggi fuggi generale: nessuno ha imbracciato le manichette dell’ospedale. I vigili hanno impiegato sette ore per spegnere il rogo e dichiarare l’inagibilità. Anche quindi sulla preparazione del personale sanitario andrà fatta chiarezza.


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