Meloni, sfuriata contro i 5s: «Basta soldi buttati dalla finestra con Superbonus e Rdc». La frecciata sulla foto di Draghi verso Kiev – Il video

Sul Mes, la premier punta il dito contro Conte: «Prese impegni con il favore delle tenebre»

È durissima la replica di Giorgia Meloni alla Camera durante il dibattito sulle comunicazioni della premier in vista del prossimo Consiglio Ue. Nel mirino della premier ci sono soprattutto i Cinque stelle e Giuseppe Conte, con le polemiche sulla mancata proroga del Superbonus. Ma un primo colpo la premier lo riserva a Mario Draghi, quando a proposito dei rapporti del governo italiano con gli altri Paesi membri, Meloni dice che la politica «è saper dialogare e saper dialogare con tutti. Questo serve a dare all’Italia un ruolo da protagonista e questo è possibile, perché c’è qualcuno che sa dialogare. La politica estera non è fatta di fotografia, l’Ue non è a tre, ma a 27 e bisogna parlare con tutti i 27 membri dell’Ue. Come parlo con la Germania e la Francia penso sia giusto parlare anche con Polonia e Ungheria, così faccio il mio mestiere». A chi ha citato proprio l’ex premier Draghi e la sua foto in treno con Macron e Scholz, Meloni incalza: «Mi ha molto colpito che si sia fatto riferimento al grande gesto da statista del mio predecessore Mario Draghi e la foto in treno verso Kiev con Macron e Scholz. Per alcuni la politica estera è stata farsi foto con Francia e Germania quando non si portava a casa niente». Poco dopo è la stessa Meloni a chiarire che il suo non voleva essere un attacco all’ex premier, ma al Pd «che come al solito pensa che tutto il lavoro che il presidente del Consiglio Draghi ha fatto si riassuma nella fotografia con Francia e Germania. Non è la foto con Macron e Scholz che determina il lavoro di Draghi. Lui non c’entra niente, anzi ho rispettato la sua fermezza di fronte alle difficoltà che aveva nella sua maggioranza. Il suo lavoro non si può risolvere in una fotografia accanto ai leader di Parigi e Berlino».


Patto di stabilità

A proposito del Patto di stabilità, Meloni ribadisce che «la trattativa è serrata, si parte da posizioni che sono tra loro molto distanti: la posizione definitiva dell’Italia andrà presa quando sapremo esattamente dove si è fermata la trattativa». L’Italia, insiste la premier, ha «un approccio costruttivo e pragmatico, ma dobbiamo tenere aperte tutte le opzioni: non sono disposta a dare mio assenso a un Patto che, non questo governo, ma nessun governo potrebbe rispettare».


Il Superbonus

Alle accuse di austerità nella prossima legge di Bilancio e la fine del Superbonus così com’era stato ideato, Meloni ribatte: «Austerità? Non so se fa riferimento al fatto che abbiamo smesso di buttare i fondi dei contribuenti dalla finestra con Superbonus, Reddito di cittadinanza, monopattini. Quello non lo facciamo, siamo stati votati per smettere, era quello che gli italiani chiedevano ed è la ragione per cui non vi hanno confermato al governo». Ancora sul Superbonus, Meloni attacca: «Più del 30% delle decine di miliardi di euro spesi per il superbonus sono finiti a banche e intermediari finanziari, che anche per questo hanno realizzato profitti record. Per non parlare delle frodi clamorose, solo nelle ultime settimane ne sono state scoperte per quasi un miliardo, risorse tolte a sanità, trasporti, famiglie e tutto quello che poteva essere più utile. Qualcuno prima o poi, più che dare consigli agli altri dovrebbe fare i conti con la propria coscienza. Chissà se prima o poi si vorrà fare luce su questa questione».

Il Mes

La premier nega di aver cambiato idea sulla ratifica del Mes e conferma che non sarà mai favorevole. Ma sul tema, dice: «Intendo seguire la volontà del Parlamento». E quindi punta il dito contro Conte e quell’impegno preso quando ormai il suo governo era concluso: «Chi ha dato il consenso alla ratifica che oggi impegna anche noi? – dice Meloni – Lo ha fatto il governo Conte, senza mandato parlamentare e lo ha fatto un giorno dopo essersi dimesso, quando era in carica solo per gli affari correnti, dando mandato a un ambasciatore con un mandato firmato dal ministro Di Maio, senza mandato parlamentare, senza averne potere, senza averlo detto agli italiani, con il favore delle tenebre».

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