«Siamo sempre meno, ci pagano poco, non abbiamo tempo di andare in bagno». Perché scioperano gli autisti dell’Atm – Il video

La nostra intervista a Roberto Messina, milanese, e fiero autista di Atm, evidenzia le criticità delle giornate di lavoro, diventate sempre più pesanti

«Quando inizi al mattino devi arrivare al deposito con un mezzo tuo. Alternative, all’alba non ce ne sono». Questo è solo uno degli esempi che Roberto Messina – 56 anni, autista degli autobus Atm, dove lavora dal 1993 – offre nello spaccato della sua giornata lavorativa, diventata – nei 30 anni passati a bordo degli autobus milanesi, prima arancioni, ora verdi – sempre più pesante. «Non abbiamo nemmeno il tempo di andare in bagno», continua Messina. «I famosi tre minuti di pausa che abbiamo ad ogni capolinea non bastano. Spesso poi i bagni sono giù, nei mezzanini della metro. È impossibile fare in tempo». Ribadisce il 56enne: «Stringono gli orari, ma è un po’ come una coperta. Ogni volta che la lavi si ritira sempre di più, finché poi non ti copre più».


Perché Atm sciopera

I dipendenti dell’azienda del trasporto pubblico milanese hanno scioperato 12 volte dall’inizio dell’anno, con tassi di adesione spesso prossimi al 20%. Lo sciopero dei trasporti indetto per il 15 dicembre sarà il 13esimo. Autisti, tramvieri, operatori della metropolitana hanno incrociato le braccia contro i carichi di lavoro eccessivi, e le paghe insufficienti a tenere il passo con il costo della vita di Milano. «Come stipendi, siamo intorno ai 1.400 euro al mese per i neoassunti, mentre chi come è al 183 (la massima qualifica per i conducenti, ndr), sta intorno ai 1.700 euro», commenta Roberto. Se il lavoro è diventato troppo intenso per molti dipendenti, la ragione è anche la carenza di personale che Atm affronta da tempo, trovandosi in una situazione simile a diverse altre aziende di trasporto pubblico locale. Secondo l’ultimo rapporto Anav, citato dal Sole 24 Ore, il 98% delle aziende del settore nel Nord Italia, sperimenta «grandi difficoltà» nel reperimento del personale.


La carenza di personale

Atm cerca 600 dipendenti, di cui circa 300 conducenti, su un totale di 9.800 lavoratori attuali. L’azienda è disposta a pagare i primi mesi di affitto e persino l’esoso costo delle patenti. Ma sembra non bastare in una città dove il prezzo per un monolocale raramente scende sotto la soglia dei mille euro. Ma non è solo la questione economica a disincentivare i potenziali candidati e a sfibrare i veterani. «Manca sicurezza, siamo sempre da soli», spiega Messina dal deposito di San Donato, mentre il sole invernale inizia a a intiepidire l’aria pungente del mattino. Perché meno personale vuol dire meno attenzione al viaggiatore, corse ridotte, ritardi e attese più lunghe per i passeggeri, che spesso sfogano la frustrazione contro il conducente. «Quando arrivi alla mia età riesci a gestire il tutto, ma soprattutto all’inizio non è facile».

La precettazione

I motivi per incrociare le braccia non mancano. Anche per questo Messina non vede di buon occhio le precettazioni, come quella imposta dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini al suo settore di competenza in occasione dello sciopero generale del 27 novembre: «Già devo garantire le fasce protette. Se poi la durata dello sciopero viene ridotta a quattro ore, non ha nemmeno senso scioperare». Quanto a misure alternative, come non far pagare il biglietto ai viaggiatori nei giorni di sciopero, Messina ha le idee chiare: «In tanti già non pagano il biglietto a Milano, magari in altre città può funzionare, ma non credo che così facendo il disagio arrecato all’azienda sarebbe lo stesso».

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