Gianni Rivera va alla Cedu contro il Milan: «Sfruttano il mio nome e la mia immagine»

L’ex bandiera dei rossoneri: i miei cimeli nel museo dello stadio senza la mia autorizzazione

Gianni Rivera fa causa al Milan. L’ex bandiera rossonera vuole portare il club davanti alla Corte Europea per i diritti dell’uomo. In un fondo su La Stampa il Golden Boy del calcio italiano spiega che va alla Cedu per ricorrere contro un giudizio negativo della Cassazione che non ha riconosciuto il suo diritto d’immagine sui suoi cimeli esposti a San Siro. Rivera ha fatto causa cinque anni fa a M-I Stadio, la società di Inter e Milan creata per gestire l’impianto. «Ho vinto in tribunale, ho perso in appello, sconfitta confermata dalla Cassazione. «Più si sale, più contano i poteri forti. Ma non mi fermo», dice. Perché, sostiene, «nessuno mi aveva chiesto l’autorizzazione a esporre i miei cimeli. Ci sono anche magliette, scarpe, foto autografate. E nessuno mi ha mai chiesto se fossero davvero miei».


Il busto dimenticato

Rivera dice che tra i cimeli c’è anche un busto realizzato da Paolo Todeschini che lui dimenticò a Milanello quando andò via dal Milan. «Poi è finito a San Siro senza che io ne sapessi nulla. Ma non è giusto che altri guadagnino con il nostro nome senza chiederci il permesso. La Cassazione ha riconosciuto il valore didattico del museo di San Siro. Ma per entrarci bisogna pagare 7 euro di biglietto. Ricavi che vanno a una società privata». Secondo Rivera «credo che sia giusto riconoscere il nostro diritto all’immagine su oggetti che riguardano la nostra storia di atleti. Adesso esiste un marketing sviluppatissimo che permette ai calciatori di guadagnare tanto dalla vendita degli oggetti collegati alla loro attività. Ai nostri tempi tutto questo non c’era. Per questo voglio combattere come nel 1968 quando fondammo l’Aic».


Maldini

Rivera dice che è pronto a parlare con altri calciatori dell’epoca e altre bandiere. «Avevo chiesto a Paolo Maldini negli anni scorsi a chi avrei potuto rivolgermi al Milan, Paolo mi ha aiutato dandomi il numero dell’avvocato del club. Ma non è stato possibile trovare un accordo. Adesso ci penseranno i miei legali. Bisogna entrare a piedi uniti per difendere i nostri diritti. Lo faranno gli avvocati, come facevano i mediani per me da calciatore. Serve una Var anche su questi temi, come per gli episodi dubbi in campo. Speriamo che a Strasburgo facciano una revisione corretta».

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