«Israele ha proposto ad Hamas due mesi di cessate il fuoco», l’ipotesi sullo scambio per liberare tutti gli ostaggi

Secondo Axios, si tratterebbe del periodo più lungo di sospensione dei combattimenti dallo scorso 7 ottobre

Israele avrebbe proposto due mesi di cessate il fuoco ad Hamas all’interno di un accordo più articolato in più fasi, che includerebbe anche il rilascio degli ostaggi ancora nelle mani del gruppo terrorista palestinese. Secondo il sito americano Axios, si tratterebbe del periodo più lungo di sospensione dei combattimenti dallo scorso 7 ottobre. La proposta sarebbe stata avanzata con la mediazione di Egitto e Qatar e non ci sarebbe ancora una risposta da parte di Hamas. Secondo Axios, la proposta prevede il rilascio di tutto gli ostaggi ancora vivi e dei corpi di quelli finora deceduti nelle mani di Hamas. In una prima fase, sarebbe previsto il rilascio delle donne, degli uomini sopra i 60 anni e degli ostaggi in condizioni di salute più complesse. Successivamente si dovrebbe passare alla liberazione delle soldatesse, degli uomini sotto i 60 anni non militari, poi i soldati e infine i corpi degli ostaggi morti durante la detenzione. Nella proposta sarebbe prevista anche una trattativa sul rilascio di prigionieri palestinesi, con l’ipotesi di definire una proporzione tra detenuti nelle carceri israeliane da liberare per ogni singolo ostaggio.


La protesta dei famigliari degli ostaggi

Israele «ha una proposta sugli ostaggi». Lo ha detto oggi il premier Benjamin Netanyahu incontrando alla Knesset alcuni rappresentanti dei famigliari dei rapiti, aggiungendo però al momento di «non poter dire altro». L’unica cosa che Netanyahu ha assicurato in proposito è che «contrariamente a quanto si sente dire non c’è una proposta sincera da parte di Hamas»: un riferimento alle indiscrezioni di stampa del weekend secondo cui il premier avrebbe respinto una proposta di nuovo accordo avanzata dal gruppo terroristico palestinese. «Notizie non corrette che di sicuro vi causano dolore», le ha bollate il premier. Che deve guardarsi dalla pressione politica crescente: tanto da parte dai rappresentanti delle famiglie degli ostaggi, alcuni dei quali stamattina hanno fatto irruzione in un’aula del Parlamento israeliano, quanto da parte dei cittadini, scesi in piazza a migliaia nel weekend per chiedere le sue dimissioni. Una pressione che, dopo l’appello dell’ex capo di Stato maggiore e membro del gabinetto di guerra Gadi Eisenkot a disegnare un percorso verso elezioni anticipate, si appresta ad arrivare in Parlamento: il partito laburista dovrebbe infatti presentare oggi una mozione di sfiducia contro il premier alla Knesset in considerazione «del suo fallimento nel riportare a casa gli ostaggi». Un’iniziativa che difficilmente avrà successo (il Labour è una copia sbiadita del partito che ha guidato per decenni il Paese, con appena 4 seggi su 120), ma che potrebbe aprire una prima breccia tra chi anche nella coalizione di governo mugugna per gli scarsi risultati sin qui ottenuti dalla guerra a Gaza.


L’avanzata dell’Idf a Khan Yunis

Nella Striscia intanto proseguono le operazioni militari dell’esercito israeliano, che stamattina è avanzato in particolare all’interno e attorno alla città di Khan Yunis, nel sud dell’enclave palestinese. L’Idf avrebbe stretto d’assedio l’edificio centrale della Mezzaluna Rossa, paralizzando di fatto tutte le sue attività, incluse quelle della unità di ambulanze, secondo la stessa associazione di soccorso, che riferisce di carri armati attorno all’edificio e tiratori scelti appostati sui tetti degli edifici vicini. Fonti locali aggiungono che nelle immediate vicinanze dell’edificio della Mezzaluna ci sono migliaia di sfollati, che non possono più spostarsi in alcuna direzione, e nelle strade vicine i corpi di diverse persone. Secondo la radio militare l’esercito israeliano avrebbe circondato anche l’ospedale Nasser e starebbe completando l’isolamento del centro della città, mentre altre truppe si muovono gradualmente verso ovest, in direzione del mare, e verso sud, in direzione di Rafah.

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