Anna Maria Bigon, la consigliera Pd veneta che ha affossato la legge sul fine vita: «Prendo atto della revoca»

Il passo indietro dopo che il caso rischiava, da locale, di diventare nazionale

La consigliera dem Anna Maria Bigon, il cui voto ha contribuito ad affossare in Veneto la legge sul fine vita, cerca di spegnere le polemiche dopo la revoca degli incarichi da parte della segreteria di partito locale. «Per senso di responsabilità e per non acuire le polemiche interne, prendo atto della revoca – da vice segretaria Pd a Verona ndr. – e continuerò a lavorare nel Partito Democratico, il luogo dove deve essere garantito il pluralismo delle diverse sensibilità. Un arricchimento insostituibile della vita del Partito». Una nota, nero su bianco, dopo il caso scoppiato per aver votato in dissenso dai suoi colleghi. Poche ore fa era stata più dura, dichiarando alle agenzie: «Con il mio voto sono stata all’interno di quelli che sono i principi del Pd. Non vedo di cosa dovrei pentirmi. Non potevo far altro che esercitare la mia scelta. Se poi mi butteranno fuori, ne prenderò atto». «Se il Pd mettesse in discussione i miei incarichi – aggiunge, spiegando di aver saputo della revoca da una mail – sarebbe una sanzione bella e buona. Senza motivo. A meno che non venga messa in discussione la pluralità nel Partito democratico. Ma questo significherebbe la fine del Pd».


Il caso

Bigon è stata sollevata dal ruolo di vice segretaria provinciale del Pd di Verona. Con la sua astensione, la scorsa settimana, ha di fatto portato alla bocciatura della legge di iniziativa popolare sul suicidio medicalmente assistito in Veneto. Il segretario regionale del Veneto Andrea Martella e il responsabile nazionale dell’organizzazione del Partito democratico Igor Taruffi, hanno precisato che la decisione è stata presa in autonomia e a livello locale senza indicazioni nazionali. Ma è inevitabile che Bigon rischi di diventare un caso nazionale. Sulla vicenda, per esempio, è intervenuto il senatore del Pd Graziano Delrio definendo la revoca «un brutto segnale». «È certamente decisione sua, come rivendica e come chiarito dai vertici regionali e nazionali del partito, ma resta inammissibile che si voglia processare una persona per le sue idee e non può essere accettato. Ad Anna Maria confermo la mia vicinanza e condivisione per le scelte compiute in piena libertà».


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