Proteste dei trattori, la Francia apre all’«eccezione agricola»: la giravolta sovranista di Macron per frenare il dissenso

L’«eccezione» consiste nell’esentare alcuni prodotti agricoli dagli accordi di libero scambio firmati dalla Ue con gli altri Paesi. Lo storico Warlouzet: «La rivolta ha diverse anime ma tutti chiedono un freno al neoliberismo»

Se il compito assegnato al nuovo premier francese Gabriel Attal è di far crescere la popolarità di Emmanuel Macron, sarà la sua gestione della protesta degli agricoltori a determinare se ha avuto successo oppure no. La Francia è uno dei Paesi più coinvolti dalla «rivolta dei trattori», che hanno organizzato manifestazioni in diverse città e da giorni bloccano le autostrade intorno a Parigi. Nel tentativo di scongiurare un’escalation delle proteste, Attal ha fatto un’apertura che in pochi si aspettavano, dicendosi disposto a valutare una «eccezione agricola». È da queste due parole che potrebbe passare la risposta politica della Francia alle proteste degli agricoltori che da settimane scuotono il Vecchio Continente. «La nostra agricoltura – ha dichiarato il nuovo primo ministro davanti all’Assemblea Nazionale – è la nostra forza e la nostra fierezza. Allora lo dico qui, in modo solenne: ci dev’essere un’eccezione agricola francese».


L’«eccezione agricola» e lo stop al Mercosur

A proporre la misura erano state in realtà l’estrema destra di Marine Le Pen, leader del Rassemblement National, e l’estrema sinistra di Jean-Luc Mélenchon, leader de La France Insoumise. «Le nostre élite dovrebbero lasciare l’agricoltura nella parte più profonda dell’economia globalizzata con i prezzi di mercato o dovremmo avere un’eccezione che ci permetta di mantenere l’agricoltura francese?», chiedeva solo pochi giorni il deputato di sinistra François Ruffin. L’«eccezione» a cui ora sta pensando anche il governo francese consiste, in poche parole, nell’esentare alcuni prodotti agricoli dagli accordi di libero scambio firmati dall’Unione Europea con gli altri Paesi. Eccezioni di questo genere già esistono, per esempio nel settore audiovisivo. In Francia almeno il 60% delle opere trasmesse dai canali televisivi deve essere prodotto in Europa e almeno il 40% deve essere una produzione nazionale. L’idea del governo francese è di inserire regole di questo genere anche per alcuni prodotti agricoli. E a dimostrare la volontà di percorrere questa strada è anche la mossa con cui Macron ha imposto di fatto uno stop alle trattative commerciali tra Unione europea e i Paesi del Mercosur. «Le loro regole non sono in linea con le nostre», ha chiosato il presidente francese.


Un copione (in parte) già visto

Le proteste che da qualche giorno scuotono la Francia non sono una novità assoluta. Anzi, furono proprio le manifestazioni degli agricoltori francesi a portare nel 1962 alla creazione della Pac, la Politica agricola comune, che resta ad oggi il principale strumento a livello europeo per gestire i sussidi destinati al settore. Attraverso le aperture di questi giorni, il governo francese punta a scongiurare un’escalation delle proteste e riconquistare popolarità in vista delle Europee. «Macron non è particolarmente popolare tra gli agricoltori perché viene visto come un tecnocrate urbano cosmopolita e pro-UE», spiega a Open Laurent Warlouzet, professore di storia alla Sorbonne di Parigi. Eppure, secondo l’esperto si tratta di un fatto piuttosto ironico, considerato che «gli agricoltori francesi sono stati una delle principali forze trainanti nella creazione della Pac e oggi sono tra i più importanti beneficiari» dei sussidi europei. Da quando ha messo piede per la prima volta all’Eliseo nel 2017, Macron ha dovuto fare i conti con diversi movimenti di protesta. Il primo, e forse uno dei più significativi, è quello dei Gilet Gialli, che sembra avere qualche punto in comune con la rivolta degli agricoltori. «Il movimento dei Gilets Jaunes – precisa Warlouzet – era diverso perché spontaneo e disorganizzato, mentre gli agricoltori sono sindacalizzati». Entrambi i movimenti, però, nascono dal malcontento verso «il libero scambio non regolamentato» e «l’eccesso di neoliberismo».

Le diverse anime della protesta francese

La protesta dei trattori che da inizio anno si è diffusa in Francia ha in realtà diverse anime. La Fnsea, l’organizzazione più grande e paragonabile alla Coldiretti italiana, è favorevole alle imprese e quindi aperta ai negoziati con il governo. Il nocciolo duro dei manifestanti si divide invece in due fazioni. Da un lato c’è la Coordination Rurale, un sindacato di destra ostile alle regole europee sull’agricoltura e in generale a qualsiasi intervento del governo. Dall’altro c’è la Confédération paysanne, di sinistra e favorevole alle misure a tutela dell’ambiente ma molto scettica sui patti commerciali firmati dall’Unione europea negli ultimi anni. «Se il mondo agricolo rimane unito, può essere estremamente potente, soprattutto se le proteste degli agricoltori in luoghi diversi convergono. Potrebbe interrompere i negoziati sull’accordo commerciale UE-Mercosur», osserva il docente della Sorbonne. Ma le divisioni tra gli agricoltori vanno al di là della semplice appartenenza politica. Secondo Warlouzet, le proteste di questi giorni hanno fatto emergere altre spaccature interne alla categoria. Chi coltiva cereali e barbabietole da zucchero, per esempio, trae molti vantaggi dalla Pac e dal libero scambio, così come chi ha puntato sull’agricoltura biologica o i prodotti Dop. Chi possiede allevamenti di piccole o medie dimensioni, invece, è costretto a fare i conti con prezzi sempre più bassi.

EPA/Yoan Valat | Agricoltori francesi bloccano un tratto dell’autostrada nella periferia di Parigi (30 gennaio 2024)

Il primo banco di prova per Attal

Nei giorni scorsi, Attal e Macron hanno annunciato misure d’urgenza per 400 milioni di euro complessivi. Una mossa che, sommata all’apertura sull’«eccezione agricola», sembra aver sortito i primi effetti. Alcuni sindacati degli agricoltori che avevano bloccato le strade attorno a Parigi hanno chiesto ai propri iscritti di interrompere la mobilitazione. Mentre altre sigle, a partire da quelle di sinistra, hanno fatto sapere di voler andare avanti a oltranza. «Macron ha nominato Attal per ripristinargli la popolarità in vista delle elezioni Europee. Se Attal riuscisse a risolvere rapidamente la protesta dei contadini, la cosa potrebbe funzionare», commenta Warlouzet. Non è detto che la tregua tra governo e agricoltori reggerà, ma per il governo francese riuscire a frenare l’escalation delle proteste è già un mezzo successo. Se non altro, perché la rivolta dei trattori rappresenta il primo vero banco di prova per il giovane premier. E il suo futuro politico potrebbe giocarsi, almeno in parte, proprio su questo dossier.

EPA/Teresa Suarez | Il primo ministro Gabriel Attal durante un discorso all’Assemblea Nazionale (Parigi, 30 gennaio 2024)

Foto di copertina: EPA/Mohammed Badra | Una protesta degli agricoltori francesi a Parigi (Francia, 8 febbraio 2023)

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