Le «centinaia di denunce» per molestie sessuali delle studentesse dell’università di Torino

Le ragazze hanno raccontato di avances da professori, tecnici di laboratorio e compagni di corso

Paola Maria Torrioni, docente di sociologia e referente dello sportello anti-violenza dell’ateneo, dice che all’università di Torino sono arrivate denunce di segnalazioni anonime di molestie sessuali. «Ragazze, non abbiate paura, fatevi avanti e denunciate. Esistono tutti gli strumenti per assistervi, tutelare il vostro anonimato e punire i responsabili», dice Torrioni oggi in un’intervista a La Stampa. «Sono state 138 le donne che ci hanno contattato e si sono fermate a parlare con le operatrici presenti nella nostra sede all’interno del Campus. Di queste, 43 hanno chiesto un primo ascolto mentre quelle effettivamente prese in carico dal nostro sportello, cioè seguite ogni settimana da un punto di vista legale o psicologico, sono 28», aggiunge.


Professori e compagni

Le studentesse hanno raccontato di molestie provenienti da professori, tecnici di laboratorio e compagni di corso. Ma soprattutto, spiega la docente, la vicenda «ha sollevato un velo di omertà che non possiamo trascurare. Segnalazioni di questo tipo, anche quando arrivano in forma anonima, vanno prese molto sul serio. Però è altrettanto importante far capire alle studentesse che la nostra università da tempo si è organizzata per facilitare la comunicazione quando si verificano certi episodi». L’ateneo tutela sempre la privacy: «Chi si rivolge alle nostre operatrici ha la tutela completa. Questa vicenda però accende un faro che non possiamo ignorare: anche dai nostri riscontri dobbiamo ammettere che il fenomeno si è molto diffuso e questo richiede un approccio molto severo da parte dell’università. Tutti gli organi competenti dell’ateneo, dal rettore fino alla gender manager, si devono attivare per capire la reale estensione di certi comportamenti. Prendiamo molto sul serio ogni tipo di segnalazione».


Le denunce

«Denunciare non è inutile, anzi è indispensabile per avviare i processi di controllo che, per quanto perfettibili, sono comunque presenti anche nel nostro ateneo. Se io voglio che un dipendente dell’ateneo smetta di comportarsi in un certo modo devo farmi avanti, consapevole che riceverò tutte le forme di tutela possibili, anche con sostegno legale e psicologico nei casi di prevaricazione più gravi», spiega ancora la docente. E conclude: «Da un lato, è nostra responsabilità gestire il disagio, il malessere e la sofferenza che la violenza si porta dietro. Dall’altro, chiediamo alle ragazze di aiutare le istituzioni a risolvere il problema individuando e punendo chi si rende protagonista di un certo tipo di abusi».

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