Milano, danni da 70mila euro al liceo Severi: domani si decide sulla sorte dei responsabili. E gli studenti si dividono

«Chi occupa e devasta una scuola deve essere bocciato», ha detto Valditara in visita ieri. La preside apre al dialogo: «Arrabbiati sì, ma non faremo caccia alle streghe»

«Chi occupa e devasta una scuola deve essere bocciato. Meritano il cinque in condotta, e con il cinque si viene bocciati». È questa la linea dura del ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, contro gli studenti che hanno occupato per tre giorni il liceo Severi-Correnti di Milano provocando oltre 70mila euro di danni. L’occupazione, organizzata in solidarietà al popolo palestinese e per problematiche interne alla scuola, è iniziata il 30 gennaio ed è durata tre giorni, uno in meno rispetto a quanto avessero pensato gli studenti. La mattina del 2 febbraio la preside e i docenti si sono ritrovati banchi e sedie rovinati, computer rotti, scritte sui muri, telecamere di sorveglianza distrutte, estintori scaricati e armadietti del personale devastati. L’istituto è da più di dieci giorni totalmente inagibile con studenti e studentesse costretti a studiare da casa con la didattica a distanza. Ieri, a sorpresa, il ministro Valditara si è presentato al liceo e senza mezzi termini ha dato la linea del ministero: chi occupa si aspetti la bocciatura. Inoltre, ha fatto sapere che stanno studiando «una norma per far sì che chi occupa e danneggia risponda civilmente dei danni provocati».


Studenti divisi

Nel frattempo, le sorti degli occupanti saranno decise domani 14 febbraio in un consiglio d’Istituto organizzato ad hoc per la situazione. In vista delle decisioni, il collettivo Severi-Correnti ha organizzato un presidio davanti all’Istituto chiedendo la partecipazione di tutti i collettivi di Milano. Quanto alla risposta e condanna politica contro l’occupazione, il collettivo ha diramato un comunicato in cui denuncia che così facendo «si sta compromettendo la pratica dell’occupazione scolastica che già da tempo arranca nel ritrovare e riprendere la sua forza nelle lotte sociali». E se la prendono con la dirigenza accusando di «aver denunciato gli occupanti ancor prima che l’occupazione vedesse il suo corso».


Ma gli stessi studenti sono, in realtà, divisi. I rappresentanti d’istituto prendono le distanze da quanto accaduto e tacciano l’occupazione di «esigua partecipazione» della comunità studentesca. In una nota stilano il loro bilancio: «Tutto ciò che siete riusciti a fare è stato vandalizzare la scuola che tutti i giorni ci ospita e che, come avete detto, è per noi “un luogo di crescita, di amicizie, di condivisione”, privandoci di tutto ciò. I computer spariti, le vetrate rotte, una LIM non più funzionante, gli arredi deturpati e i graffiti sui muri, inoltre i ventidue estintori e una serie di idranti invalidati sono tutti danni che costringeranno la scuola a rimanere chiusa perché inagibile». Contattato da Open, il collettivo Severi-Correnti – che si fa portavoce delle istanze degli occupanti – ha preferito non rilasciare alcuna dichiarazione.

La preside: «Arrabbiati sì, ma no caccia alle streghe»

La preside Gabriella Conte si definisce «amareggiata e arrabbiata», ma ci tiene a chiarire che non verrà fatta alcuna «caccia alle streghe e neanche processi». Il suo auspicio è che siano gli stessi studenti responsabili a fare mea culpa e raccontare la loro versione dei fatti. Per il momento, una sola ragazza si è “autodenunciata” alla dirigente. «È riconoscere l’errore. Ed è proprio su questo che, come comunità e come genitori, dobbiamo lavorare», commenta Conte. Quanto ai danni è partita una raccolta fondi per ripagarne una parte. «Molti genitori – fa sapere la preside – si sono fatti avanti spontaneamente per donare e aiutarci. Già venerdì pomeriggio un genitore è arrivato qui perché la sua azienda lavora con tastiere e mouse. Anche se vogliono mantenere l’anonimato, stanno già iniziando a donare. Noi – conclude – non abbiamo chiesto risarcimenti a nessuno. È prematuro. Adesso ci dobbiamo occupare di portare i ragazzi a scuola».

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