De Luca dopo l’insulto a Meloni: «Era una battuta. Per fermarmi devono spararmi in testa»

Il governatore della Campania non si scusa per l’insulto alla premier e insiste sulla battaglia contro l’Autonomia e lo sblocco dei fondi di sviluppo e coesione per la sua Regione

Nessun passo indietro da parte di Vincenzo De Luca dopo le polemiche sull’insulto a Giorgia Meloni intercettato in un fuorionda che secondo lui era solo una battuta. Arrivato al teatro Sannazaro di Napoli con un filo di voce, dopo le urla lanciate durante la protesta di ieri 16 febbraio in piazza Santi Apostoli a Roma, il governatore della Campania tira dritto: «Ho parlato ieri per un’ora e nessuno ha offeso. Hanno mandato in giro un fuorionda mentre ero a Montecitorio a bere un bicchiere d’acqua. Bisogna stare attenti, era una cosa detta a mezza voce». L’insulto, «lavori tu, str…», inevitabilmente ha scatenato dure reazioni dal governo e dal centrodestra, finendo su tutti i giornali: «Siamo alla follia – insiste De Luca – Siamo in un Paese malato di conformismo e opportunismo e in cui l’opinione pubblica sembra aver perso la ragione critica. Ci si è ridotti a un titolo su una battuta».


De Luca ha tentato di parlare con qualcuno al ministero della Coesione, poi ha provato a puntare su palazzo Chigi. Finché è riuscito ad avere un confronto solo col prefetto di Roma: «È il governo Meloni-Badoglio, se ne erano scappati tutti. Il ministro Piantedosi, purtroppo nostro concittadino, è colpevole due volte per non aver alzato il dito nei confronti della Campania, e per essere stato latitante tutta la giornata. Solidarietà alle forze di polizia, che non sapevano in piazza con chi parlare». E come aveva già urlato a un funzionario di polizia in piazza durante uno dei momenti più tesi della protesta contro l’Autonomia e lo sblocco dei fondi di sviluppo e coesione, De Luca insiste: «Non arretreremo di un millimetro. La prossima volta mi devono solo sparare in testa se mi vogliono fermare. Mi auguro che i problemi che abbiamo posto trovino una discussione di merito al di là del gossip e che ci sia concesso il diritto di difendere le nostre imprese e i nostri figli vendendo rispettata la nostra dignità, nulla di più e nulla di meno».


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