Firenze, la storia di Mohamed: l’operaio morto nel cantiere Esselunga che partiva tutti i giorni da Bergamo

Le lacrime del fratello Sarhan Toukabri: «Metà soldi glieli davano regolarmente, l’altra metà invece erano in nero. Non si può morire lavorando»

Faceva Bergamo-Firenze, tutti i santi giorni, a 54 anni, per lavorare nel cantiere Esselunga, dove il crollo di una trave ha posto fine alla sua vita. Si chiamava Mohamed Toukabri, tunisino. La sua storia la racconta i fratello Sarhan, intervistato dal Corriere Fiorentino. «Aveva soltanto 19 anni quando era partito dalla Tunisia per venire in Italia. Ricordo quel giorno quando si lasciò alle spalle la nostra città, salutando i nostri genitori, era contento di partire, voleva un futuro diverso, s’imbarcò su quella nave e se ne andò, a quel tempo si poteva viaggiare liberamente tra una sponda e l’altra del Mediterraneo», racconta il fratello, disperato, seduto nel corridoio di Medicina legale, all’ospedale di Careggi, in attesa del riconoscimento della salma. Sarhan fa il pizzaiolo a Napoli. Lavora con la nipote Rim, figlia di Mohamed. Con lui, a fargli compagnia, ci sono l’Imam di Firenze Izzeddin Elzir e Fatima Benhijji, in rappresentanza del consolato marocchino che sta seguendo le altre vittime del cantiere.


«Raggiungeva Firenze, poi tornava a Bergamo la sera. E il giorno dopo ripartiva»

Sarhan è incredulo: «Ho sentito mio fratello l’ultima volta una settimana fa, l’ho visto in videochiamata, mi ha detto che tra pochi giorni sarebbe venuto a Napoli a trovarmi. In quella videochiamata mi disse che aveva trasferito pochi giorni prima 500 euro sul conto dei nostri genitori in Tunisia, mandava i soldi a casa di tanto in tanto e stavolta li aveva mandati per sostenere la nostra famiglia nel periodo del Ramadan». Mohamed lavorava sempre. «Viveva a Bergamo – spiega il fratello – mi raccontava che partiva ogni mattina con un furgone guidato da altri per raggiungere il cantiere di Firenze, poi la sera tornava a casa, per poi ripartire la mattina dopo. Era un lavoro duro, così diceva, non guadagnava tanto, metà soldi glieli davano regolarmente, l’altra metà invece erano in nero». «È andato a trovare i nostri genitori a Natale dell’anno scorso, dopo 33 anni da quando era partito – ricorda ancora -. È stato terribile informarli che mio fratello era sotto quelle macerie. Lui si impegnava tutti i giorni per lavorare duramente, non per andare a morire, non si può morire lavorando dentro un cantiere, ci sono senz’altro delle responsabilità che mi auguro siano accertate».


Il quinto giorno di ricerche

Mentre si cerca di capire ancora l’esatta causa del crollo oggi è il quinto giorno di ricerche, condotte dai vigili del fuoco, nel cantiere di via Mariti, a Rifredi. Si cerca tra le macerie del supermercato Esselunga in costruzione l’ultimo degli otto operai travolti il 16 febbraio, dove il cedimento di una trave ha fatto crollare tre solai. All’appello manca Bouzekri Rachimi, 56 anni, marocchino. Finora sono quattro le vittime accertate, tre i feriti. Si stanno demolendo a mano le macerie in cemento armato, tagliando via via i tondini di ferro all’interno. Decine ancora i vigili impiegati, con le squadre Usar. A circa 500 metri dal cantiere è stato posto uno striscione con scritto “Dolore e rabbia, Rifredi vi odia! Basta morti sul lavoro”.

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