Mali, liberati e riportati in Italia i tre famigliari rapiti dagli jihadisti nel 2022. Tajani: «Stanno bene, grande lavoro dell’intelligence» – Il video

Si tratta di Rocco Langone, la moglie Maria Donata Caivano e il figlio Giovanni Langone

Sono arrivati in Italia i tre cittadini italiani rapiti in Mali nel maggio 2022 e liberati la scorsa notte. Il volo che li ha riportati nel Paese è attratto nel primo pomeriggio all’aeroporto militare di Ciampino, dove li ha accolti il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Rocco Langone, la moglie Maria Donata Caivano e il figlio Giovanni Langone erano stati sequestrati il 19 maggio 2022 nella loro abitazione alla periferia della città di Koutiala, a sud est della capitale del Mali, Bamako, dove vivevano da diversi anni. «Nonostante la lunga prigionia, i componenti della famiglia Langone godono di buone condizioni di salute», aveva fatto sapere stamattina Palazzo Chigi nel dar notizia della loro liberazione. Notizia confermata ora da Tajani: «Tutto è bene quel che finisce bene. Hanno incontrato qui i familiari, sono in buone condizioni, attestate già ieri dalle prime visite mediche e con lo psicologo, ed ora dovranno essere interrogati» Tajani ha voluto ringraziare in particolare l’unità di crisi della Farnesina e l’intelligence per il lavoro fatto per riportare i tre a casa: «La famiglia ha sempre collaborato con grande serietà, silenzio, disponibilità e quando si fa così ottengono sempre grandi risultati».


Il film del rapimento

Palazzo Chigi aveva rievocato stamattina la vicenda dei tre con questa ricostruzione: «Il rapimento era avvenuto da parte di una fazione jihadista riconducibile al JNIM, Gruppo di supporto per l’Islam e i musulmani, allineata con al-Qaeda, attiva in larga parte dell’Africa Occidentale. La famiglia Langone viveva a Koutiala da diversi anni, all’interno di una comunità di Testimoni di Geova, del tutto integrati. Il rilascio della famiglia è stato reso possibile grazie all’intensa attività avviata dall’Aise, di concerto con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, fin dall’immediatezza del sequestro, e in particolare grazie ai contatti dell’Agenzia con personalità tribali e con i servizi di intelligence locali».


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