Jorit e il selfie con Putin: «L’Occidente snob giustifica l’imperialismo della guerra»

Lo street artist: «Ma le sembro una persona contenta che ci sia una guerra?».

Ciro Cerullo, ovvero Jorit, è lo street artist del selfie con Putin. E oggi dice in un’intervista alla Stampa che quella foto la rifarebbe: «Cinquecento anni di colonialismo mi hanno insegnato che l’Occidente ha il brutto vizio di ritenersi il tribunale del mondo. L’Aja dovrebbe processare chi ha distrutto Grenada, Nicaragua, Libia, Panama, Haiti, Somalia, Sudan, Iraq, Jugoslavia, Afghanistan e ancora. Quando metteranno sotto processo Bush, Obama, Blair e gli altri, allora avranno un briciolo di credibilità. In questo momento sono solo uno strumento per la guerra alla Russia». Mentre la guerra in Ucraina, secondo lui, «è iniziata dieci anni fa» e non quando la Russia l’ha invasa. Anche se precisa: «Ma le sembro una persona contenta che ci sia una guerra?».


La guerra e la pace

E quando Niccolò Zancan gli ricorda che si è fatto fotografare accanto a chi la guerra l’ha dichiarata, dice che dopo il selfie era «stupito. Molto sorpreso. Non credevo che ci sarei riuscito». Mentre se Putin minaccia con l’atomica «proprio per questo va fatta la pace». Spiega che è riuscito a dipingere un murale in territorio russo perché «Mariupol è considerato territorio russo e per entrare in Russia basta fare il visto». Ai giornalisti il visto non lo danno, ma a lui lo hanno fornito «perché come decine di artisti internazionali partecipo a un festival di street art». E aggiunge che quelli che lo criticano «non sbagliano: ognuno è libero di criticare. Il problema è che, a mio avviso, c’è un atteggiamento che puzza di presunta superiorità morale dell’Occidente snob, che non è altro che la giustificazione culturale dell’imperialismo e della guerra».


Navalny

Quando si parla di Navalny, risponde: «E allora, qual è la soluzione? Bombe democratiche sulla Russia? Iraq, Siria, Libia, Serbia: ha funzionato? Non vi viene il dubbio che all’Occidente non interessi la democrazia ma qualcos’altro?». E su di lui: «È una tragedia. Qualcuno con più mezzi di me farà chiarezza». L’ultima risposta è sull’aggettivo “putiniano” che spesso gli affibbiano: «Non conoscono la mia storia».

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