Il doppio dramma degli ucraini di Gaza: «In fuga dalle bombe israeliane, ma casa nostra è stata distrutta da quelle russe»

La storia della comunità ormai quasi scomparsa di chi dall’Ucraina si era trasferito nella Striscia

Vivere sulla propria pelle una guerra è un dramma inimmaginabile. Viverne due allo stesso tempo, una attorno a sé e l’altra nel proprio Paese d’origine, uno strazio di ancor più rara crudeltà. Ma è esattamente ciò che è accaduto negli ultimi mesi a una piccola, ma non insignificante comunità: quella degli ucraini stabilitisi nella Striscia di Gaza. A raccontare la loro storia è oggi il quotidiano israeliano Hareetz, che dà conto della tragica fine (o quasi) di quella storia. A Gaza o in altre città della Striscia vivevano infatti prima dell’ultima guerra alcune centinaia di cittadini ucraini. La maggior parte sono, anzi erano, donne ucraine che negli anni ’90 e primi 2000 conobbero giovani palestinesi giunti per studiare nei Paesi post-sovietici: in Ucraina, come in Russia o Moldavia, c’erano atenei considerati di buona qualità, col costo degli studi e della vita alla portata dei giovani di Gaza. Da quei primi amori nacquero matrimoni e famiglie. Molte delle quali – anche per via della depressione socio-economica del periodo in Europa orientale – scelsero poi di stabilirsi a Gaza. È il caso ad esempio di Tatiana (nome di fantasia dato dal quotidiano israeliano), giuntavi col marito e due figli piccoli nel 2005. Un anno dopo il potere nella Striscia fu preso da Hamas, e quella terra si avviò a diventare la «prigione a cielo aperto» di cui tanto si sarebbe parlato. Ma la vita ormai scorreva lì: altri due figli anzi sarebbero arrivati. Impossibile però non pensare ai pericoli costanti e alla pochezza delle prospettive. Così come, dal febbraio 2022, al dramma del Paese lasciato alle spalle, l’Ucraina. Che fare? «Quando Netanyahu e la destra radicale arrivarono al potere (a dicembre 2022, ndr) dissi immediatamente a mio marito che dovevamo vendere tutto e partire. Sapevo che ci sarebbe stata una guerra». Non se ne fece nulla, però. Fin quando la guerra non è arrivata davvero, dal 7 ottobre: prima gli eccidi di Hamas nel sud di Israele, poi i bombardamenti e l’ingresso delle truppe dell’Idf nella Striscia, con le distruzioni, le evacuazioni forzate dei civili e una strage di decine di migliaia di persone. A quel punto chiunque ha potuto ha lasciato la Striscia, specie se aveva nazionalità straniera. Così è stato anche per Tatiana e per quasi tutte le altri mogli ucraine «diventate» palestinesi. Mentre in molti casi, come quello della donna intervistata, i mariti nati e cresciuti nel luogo hanno scelto di restare. Così molte di quelle famiglie sono ora spezzate, da tutti i punti di vista. Nel caso di Tatiana, oltre al marito la donna ha dovuto lasciare indietro pure uno dei due figli, bloccato al valico con l’Egitto per questioni amministrative al termine di un tragitto disperato.


Senza una casa

Peccato che nel Paese d’origine la situazione non sia esattamente più accogliente. Pochi anni fa la donna è riuscita a comprare con i risparmi un piccolo appartamento vicino alla casa della sua famiglia di origine, a Nikopol, per andarci in visita di tanto in tanto. Ma quella non ha potuto essere la soluzione verso cui fuggire. «Un missile russo ha distrutto l’edifico, e l’appartamento è inabitabile. Non c’è acqua, né riscaldamento, né finestre. Non ho letteralmente un posto dove andare». Stesso tragico dilemma vissuto da molte e molti ucraini della (ex) comunità di Gaza. Centinaia di loro hanno lasciato la Striscia tra novembre e dicembre e sono stati fatti salire su un volo per la capitale della Moldavia, Chisinau. La maggior parte di loro hanno poi proseguito in autobus fino a Odessa. Ma ben pochi hanno scelto di restare nel Paese aggredito dalla Russia. Ora si trovano per lo più sparpagliati per l’Europa: molti in Germania, altri in Norvegia, o ancora in Irlanda, come Tatiana. Che da questo tragico vissuto trae una lezione politica tutta sua: «Quando Israele e la Russia cadranno, finirà in questo mondo finirà il fascismo». E le responsabilità di Hamas nel far strage di israeliani, comprese donne e bambini, e scatenare questa nuova ondata di violenza senza fine? Invisibili agli occhi della donna, o quasi: «Sì, hanno iniziato loro questa guerra, ma c’è stato sicuramente chi li ha aiutati. Qualcuno ha aperto loro i cancelli del confine e li ha lasciati entrare e dilagare in Israele. Penso proprio ci sia stato un ordine dall’altro». Il giudizio su Hamas, quindi? Promozione a pieni voti: «Non m’intendo molto di politica palestinese, me ne interesso poco. Ma Hamas ha portato ordine a Gaza, specialmente da quanto ha proibito ai civili di girare armati: prima potevi vedere 13enni girare tranquillamente con in mano un Kalashnikov».


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