All’Università Statale di Milano 1 studente su 2 non pagherà le tasse. Da Venezia a Salerno: come funziona nel resto d’Italia

È la docente di Linguistica tedesca Marina Brambilla, candidata Rettrice, la figura chiave che ha lavorato al progetto: «Saremo il più grande ateneo ad innalzare così la no tax area. Questo ci permetterà di accogliere più studenti e studentesse», dice a Open

La recente decisione dell’Università degli Studi di Milano Statale di estendere la no tax area fino a 30mila euro di Isee ha riacceso i riflettori sulle tasse universitarie, che fungono spesso da vero e proprio cancello di accesso allo studio accademico e, talvolta, da vero e proprio limite per alcuni studenti. L’accessibilità all’istruzione universitaria è da sempre un tema caldo e, non a caso, spesso e volentieri finisce nelle campagne elettorali di politici locali e nazionali con la promessa di livellare le barriere economiche, sociali e culturali. L’Università degli Studi di Milano, nei giorni scorsi, ha approvato un nuovo piano: niente tasse per gli studenti con Isee inferiore a 30mila euro. È stata così innalzata la soglia precedente di 22mila euro. Una manovra dal costo stimato di almeno 950mila euro, ma che verrà parzialmente recuperato con fondi ministeriali, i quali prevedono sostegni finanziari agli atenei che decidono di ampliare la no tax area. Un incentivo fondamentale, se non addirittura indispensabile, considerando che l’anno accademico 2023/2024 ha registrato il numero più basso di iscrizioni universitarie in Lombardia nel periodo post-Covid.


Il caso della Statale: uno studente su due non pagherà le tasse

Oltre alla no tax area fino a 30mila euro, la Statale ha innalzato il limite massimo dell’Isee da 75mila a 80mila euro e ha ridotto le tasse per tutte le fasce di reddito fino a 78mila. Tariffe più alte saranno, invece, applicate ai redditi superiori a 78mila euro. Una manovra dal costo stimato di 950mila euro che verrà in parte compensata con fondi ministeriali che premiano le università che ampliano la no tax area. Secondo le proiezioni dell’ateneo, gli studenti che non pagheranno le tasse passeranno da 19mila a 27mila: ovvero circa uno studente su due tra gli iscritti totali. Saranno molteplici i benefici di questa misura: renderà l’istruzione universitaria accessibile a un numero maggiore di studenti provenienti da famiglie a basso reddito, contribuirà a ridurre le disuguaglianze socioeconomiche tra ragazzi e ragazze, promuoverà l’uguaglianza delle opportunità educative e allevierà il peso finanziario che potrebbe scoraggiare gli studenti dal perseguire gli studi universitari, incentivando così il loro impegno accademico.


La professoressa Brambilla (candidata Rettrice): ecco chi c’è dietro la scelta della Statale

È la docente di Linguistica tedesca Marina Brambilla, la figura chiave che ha lavorato in prima persona all’allargamento della no tax area alla Statale. Ideatrice e presidente dell’Osservatorio per il Diritto allo Studio e prorettrice per la Programmazione e l’Organizzazione dei Servizi dell’ateneo milanese, è attualmente candidata alla posizione di Rettrice della Statale. «Sono convinta che l’estensione della no tax area consentirà a un maggior numero di studentesse e di studenti di accedere alla nostra formazione d’eccellenza. Questo è cruciale non solo per l’Università degli Studi di Milano, ma anche per l’intero Paese: abbiamo bisogno di più laureati», commenta a Open Brambilla. Ci tiene a sottolineare che si tratta di un «nuovo tassello» all’interno di «percorso di ampliamento del diritto allo studio» che La Statale ha intrapreso anni fa. «Nel 2019, con una prima riforma della tassazione, siamo cresciuti da 14mila a 20mila euro di no tax area, per poi aumentare ulteriormente la soglia a 22mila e arrivare oggi con i 30mila appena deliberati», chiosa. «Saremo il più grande ateneo ad innalzare così la no tax area. Questo ci permetterà – aggiunge Brambilla – di accogliere più studenti e studentesse, con i quali abbiamo avuto lunghe interlocuzioni, soprattutto attraverso l’Osservatorio per il diritto allo studio e nella commissione tasse». Ma come funziona e qual è la situazione nel resto d’Italia?

Come funzione nel resto d’Italia

Le tasse universitarie variano a seconda che l’istituzione sia pubblica o privata. Per le università private, non vi sono indicazioni ministeriali specifiche, mentre per quelle pubbliche è prevista una no tax area di 22mila euro. Una cifra che rappresenta il requisito minimo a cui devono attenersi gli atenei. Ma a questi ultimi è lasciata l’autonomia di poter adottare dei tetti di Isee più elevati. Inoltre, per chi innalza l’area di esenzione totale dalle tasse vi sono dei contributi ministeriali aggiuntivi. Ragion per cui molte università sono state incentivate a stabilire soglie superiori ai 22mila. A Milano è il caso della Bicocca, la quale richiede un Isee di 25mila euro, mentre all’Alma Mater di Bologna il limite è stato recentemente portato a 27mila euro. Anche a Ca’ Foscari di Venezia e all’Università di Firenze, il tetto è più alto della soglia minima: 24mila euro. Come precisa Brambilla, La Statale di Milano «è l’unico ateneo di così grandi dimensioni ad aver alzato la soglia a 30mila euro». Altre università minori, però, avevano già tracciato la strada, come l’Università di Perugia dove nel 2021 la no tax area è stata estesa fino a 30mila euro di Isee. Lo stesso è avvenuto per l’Università di Salerno.

Leggi anche: