Nature Restoration Law, la legge simbolo del green deal si è arenata. Il relatore Luena: «Non mi aspettavo i voltafaccia di Ungheria e Paesi Bassi» – L’intervista

L’eurodeputato spagnolo César Luena a Open: «Il governo italiano dice che danneggia gli agricoltori? Mi fido più della scienza che dell’estrema destra»

Che fine ha fatto la Nature Restoration Law? È passato più di un mese da quando la Legge sul ripristino degli ecosistemi, uno dei dossier più divisivi dell’ultima legislatura, è stata approvata dal Parlamento europeo. Un voto rimasto incerto fino all’ultimo e accolto con lacrime, abbracci, esultanze e strette di mano. Per l’adozione finale del provvedimento, mancava solo il voto del Consiglio. Un passaggio considerato pura formalità, se non altro perché i 27 Stati Ue si erano già espressi a favore del compromesso raggiunto lo scorso anno. Invece così non è andata. Il via libero definitivo del Consiglio non è ancora arrivato, con diversi Paesi (tra cui l’Italia) a tenere in ostaggio il provvedimento. «È una mancanza di responsabilità politica. Togliere il supporto a un accordo che è già stato accettato mina la credibilità di tutta l’Unione europea», tuona César Luena, eurodeputato spagnolo e relatore della Legge per il ripristino della natura.


Sullo sfondo della mancata approvazione ci sono ovviamente le elezioni europee dell’8 e 9 giugno, un appuntamento che assomiglia sempre di più a un referendum sul Green Deal, il maxi-pacchetto di azioni a favore dell’ambiente e del clima su cui l’Unione europea ha deciso di investire buona parte del proprio capitale politico. Fin da quando è stata annunciata per la prima volta, la Nature Restoration Law si è trasformata in uno dei terreni di scontro più aspri dell’ultima legislatura. Un braccio di ferro che è culminato durante le proteste degli agricoltori di inizio 2024, che hanno convinto la Commissione europea a fare un passo indietro su alcuni dei dossier più delicati del Green Deal. È sulla scia di tutto questo che va letta la mancata adozione della Nature Restoration Law, legge-simbolo dell’agenda verde europea, che sembrava a un passo dall’adozione e ora corre il rischio di naufragare una volta per tutte. «Se non approviamo la legge, finiremo per pentircene», avverte César Luena in questa intervista a Open.


Si aspettava che alcuni Paesi potessero ritirare il proprio sostegno sulla Legge per il ripristino della natura?

«Pensavo che sarebbe andata bene. Non mi aspettavo un cambiamento di posizione da parte dell’Ungheria, né mi aspettavo che i Paesi Bassi non appoggiassero la legge, poiché ho negoziato personalmente con il ministro olandese per incorporare tutte le loro considerazioni nel testo finale. Tutto ciò dimostra una mancanza di responsabilità politica. Le decisioni vengono prese esclusivamente per ragioni elettorali e stiamo giocando con il futuro e il benessere di tutti i cittadini. Anche il ruolo del primo ministro belga danneggia la legge. Non sta assumendo la posizione neutrale e il ruolo di negoziatore che dovrebbe avere durante il semestre di presidenza».

I ritardi nell’adozione della legge sono il risultato delle proteste degli agricoltori?

«Molti fattori hanno influenzato questa situazione. Quelli di cui ho parlato prima e, ovviamente, le proteste degli agricoltori. È davvero deplorevole che il Partito Popolare Europeo abbia contrapposto quella categoria a una legge che rappresenta una rete di sicurezza sul medio e lungo periodo. Gli agricoltori dovrebbero essere i più interessati all’adozione di questa legge».

Se la legge non dovesse essere approvata quali sarebbero le ripercussioni?

«Ritirare il sostegno a un accordo che è stato precedentemente accettato porterà a una perdita di credibilità dell’Unione europea e del suo processo decisionale. Questa sfiducia si instaurerà anche tra le stesse istituzioni negoziali. Oltre a ciò, dobbiamo considerare la deplorevole immagine internazionale che diamo dell’Unione europea, che chiede agli altri Paesi di fare sforzi che noi stessi non siamo disposti a fare».

Che impatto potrebbe avere questa situazione sulle elezioni Europee?

«Lo sapremo solo dal 6 al 9 giugno. Come dicevo, dobbiamo assumerci la responsabilità politica e prendere decisioni a beneficio di tutti. Al momento questo non accade. E in futuro, se non verrà approvata la legge sul ripristino della natura, ce ne pentiremo».

Il Consiglio può imporre la modifica di alcuni aspetti della legge? Oppure rispedirebbe la legge all’inizio del processo legislativo?

«Se il Consiglio non accetterà la legge come concordato, avvieremo la seconda lettura».

È ancora fiducioso che la legge sarà approvata prima delle elezioni Europee?

«Me lo auguro. Spero che alcuni dei Paesi che oggi si astengono o votano contro riconsidereranno la propria posizione e voteranno a favore».

Cosa sta facendo per accelerare la decisione del Consiglio?

«Non è possibile accelerare il processo senza avere il sostegno necessario. L’obiettivo ora è riconquistare la maggioranza qualificata al Consiglio».

Il governo italiano si è dichiarato contrario e sostiene che la legge avrà un impatto negativo sugli agricoltori. È così?

«È solo un argomento populista che nasce dalla negazione della scienza e della realtà. Hanno bisogno di dirlo per restare al potere. La scienza e lo stato disastroso dei nostri ecosistemi ci dicono il contrario. Mi fido più della scienza che di un partito di estrema destra. Vi stanno ingannando, credetemi. Il 70% dei suoli dell’Unione europea sono in cattive condizioni. Se non li ripristiniamo, dove lavoreranno gli agricoltori tra 30 anni?».

EPA/Julien Warnand | L’esultanza di alcuni eurodeputati dopo il primo via libera del Parlamento europeo alla Legge per il ripristino della natura

In copertina: EPA/Julien Warnand | Greta Thunberg e altri attivisti di Youth for Climate protestano fuori dal Parlamento europeo per chiedere l’approvazione della Legge per il ripristino della natura (11 luglio 2023)

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