Imballaggi, qualità dell’aria e obblighi per imprese: il rush finale del Green Deal alla vigilia delle Europee

Tris di provvedimenti approvati nell’ultima sessione del Parlamento europeo prima dell’appuntamento elettorale

Da Strasburgo – Nell’ultima finestra a disposizione prima delle elezioni, il puzzle del Green Deal si arricchisce di tre nuove tessere. Oggi il Parlamento europeo, arrivato all’ultima sessione plenaria prima dell’appuntamento elettorale di giugno, ha approvato tre provvedimenti cardine dell’agenda verde europea: il regolamento sugli imballaggi, la direttiva sulla qualità dell’aria e la direttiva sul dovere di diligenza delle imprese. Un balzo in avanti significativo per quel pacchetto di azioni a tutela dell’ambiente e del clima che più ha segnato gli ultimi cinque anni di Commissione targati Ursula von der Leyen, al punto da trasformarsi in uno dei temi più discussi della campagna elettorale.


Il regolamento sugli imballaggi

Il primo provvedimento votato dagli eurodeputati è il regolamento sugli imballaggi, uno dei dossier su cui l’Italia più ha dato battaglia. L’obiettivo del provvedimento è ridurre i rifiuti da imballaggi in modo graduale: -5% entro il 2030, -10% entro il 2035 e -15% entro il 2040. Dal 1° gennaio 2030, inoltre, saranno vietati in tutta l’Unione europea alcuni imballaggi in plastica monouso, come quelli per frutta e verdura fresca, gli imballaggi per alimenti consumati in bar e ristoranti, alcune monoporzioni di salse e condimenti oppure i prodotti in miniatura per le toilette degli alberghi. Dal 2030 saranno messe al bando anche le borse in plastica ultraleggere (quelle sotto i 15 micron), che potranno essere utilizzate solo per motivi igienici o come imballaggio primario degli alimenti sfusi. I gestori di bar e ristoranti dovranno offrire ai clienti la possibilità di portare con sé i propri contenitori da riempire con bevande o cibi pronti, senza alcun costo aggiuntivo.


Le proteste (e poi la soddisfazione) dell’Italia

Il regolamento sugli imballaggi è stato uno dei file legislativi del Green Deal più contestati in Italia. Lo scorso dicembre, quando il Consiglio Ue ha espresso la propria posizione sul regolamento, il governo italiano è stato l’unico a votare contro. Tra i punti criticati del provvedimento c’era la richiesta ai Paesi Ue di introdurre i cosiddetti «sistemi di deposito cauzionale» per le bottiglie monouso. Si tratta di meccanismi già in vigore in molti Paesi europei, in cui al consumatore viene chiesto di pagare una piccola cauzione, che gli viene restituita interamente quando rende la bottiglia vuota in un apposito centro di raccolta. Nella versione finale del regolamento, viene concessa più flessibilità agli Stati. Il testo prevede infatti l’obiettivo comune per tutti di raggiungere almeno il 90% di raccolta differenziata di bottiglie di plastica monouso entro il 2029. Per chi non ci riesce, scatta l’obbligo di introdurre un sistema di deposito cauzionale. Alla fine, il voto di oggi a Strasburgo ha visto la maggior parte degli eurodeputati schierati a favore del provvedimento. Hanno dato luce verde Forza Italia, Pd, Italia Viva, Azione, Verdi e M5s. Contraria la Lega.

Qualità dell’aria: confermata la deroga per la Pianura Padana

A incassare l’approvazione definitiva del Parlamento europeo è anche la direttiva sulla qualità dell’aria, che si pone l’obiettivo di lungo termine di azzerare l’inquinamento atmosferico entro il 2050. Il testo votato oggi a Strasburgo fissa limiti più stringenti sulla concentrazione di sostanze tossiche ammesse per legge e incentiva gli Stati membri a mettere in atto le misure necessarie per migliorare la qualità dell’aria. I valori limite annuali consentiti per il PM2,5 e l’NO2, due degli inquinanti più diffusi, passano rispettivamente da 25 µg/m³ a 10 µg/m³ e da 40 µg/m³ a 20 µg/m³. Tutti questi nuovi obiettivi vanno raggiunti entro il 2030. Ci sono, però, delle deroghe. Il termine per raggiungere questi valori limiti slitta infatti al 2040 per tutte quelle zone «in cui il rispetto della direttiva entro il termine risulterebbe impossibile a causa di specifiche condizioni climatiche od orografiche». Si tratta di una modifica chiesta a gran voce dal governo italiano per la Pianura Padana, dove ad oggi si respira l’aria più inquinata di tutta Europa.

Due diligence: l’appello al mondo delle imprese

Il terzo pilastro del Green Deal approvato oggi a Strasburgo è la direttiva sul dovere di diligenza delle imprese. Una questione apparentemente tecnica e difficile da decifrare, ma considerata indispensabile per raggiungere i target climatici fissati dall’Unione europea. La nuova direttiva impone alle aziende di prevenire, porre fine o attenuare i loro effetti negativi sulle persone e sull’ambiente, compresi il lavoro minorile, la schiavitù, l’inquinamento e la perdita di biodiversità. Un provvedimento che riguarda solo le maxi-aziende con oltre mille dipendenti e un fatturato di oltre 450 milioni di euro. A tutte queste imprese la direttiva chiede anche di mettere in atto un piano di transizione che renda il loro modello di business compatibile con gli obiettivi sul riscaldamento globale fissati dall’Accordo di Parigi del 2015. A vigilare sull’effettivo rispetto di tutti questi vincoli non sarà la Commissione europea ma gli Stati membri, che potranno imporre sanzioni fino al 5% del fatturato netto a livello mondiale.

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