Bari, i soldi per le urne e il sistema per violare il segreto del voto: «Metti una X, poi nome e cognome»

L’inchiesta sulla corruzione elettorale di Bari

C’era il database con oltre 2 mila nomi corredati da documenti e tessere elettorali. E i soldi per il voto: fino a 50 euro. Ma anche i posti di lavoro come docente, badante od operatore socio-sanitario. E ancora: i buoni spesa e i pagamenti delle bollette. Non solo bombole del gas nella «macchina infernale» della corruzione elettorale in Puglia. Dopo le dimissioni di Anita Maurodinoia il sistema messo in piedi da Alessandro Cataldo detto Sandrino appare in tutta la sua efficienza. La profilazione serviva al movimento Sud al centro, fondato da marito e moglie, per raccogliere consensi e far eleggere i suoi esponenti. Maurodinoia ha preso 6 mila voti alle amministrative di Bari nel 2019. Che sono diventati ventimila alle regionali 2020, in cui però si è presentata con il Partito Democratico.


L’inchiesta

Il Corriere della Sera spiega che il sistema si appoggiava sulla formazione professionale. Cataldo organizzava corsi di aggiornamento per insegnanti con tutor. E a questi offriva anche contratti a termine. Per poi contattarli e chiedere il voto al momento delle elezioni. Le persone venivano di fatto schedate. E Cataldo era anche socio occulto di due università telematiche: Pegaso e Mercatorum. La parte più interessante dell’inchiesta è il modo in cui si certificava il voto promesso. «Noi li contattavamo tutti. Dicevamo: lasciate i vostri documenti poi vi chiamiamo. Loro venivano, noi davamo i facsimile di votazione. Quando si dice che il voto è segreto, è una bugia», spiega Armando Defrancesco, un tempo figlioccio di Cataldo e poi deluso a causa di una mancata elezione.


La certificazione del voto

Agli elettori venivano fornite delle «formule di voto» con cui verificare le preferenze espresse in ogni sezione: «Metti la X sul sindaco, non mettere la X sul partito e scrivi Anita Maurodinoia. In famiglia siete quattro? Vi do 200 euro, ma nella tua sezione voglio quattro voti come ti ho detto!». Le formule erano però diverse («ne avevamo 7-8») in modo da distinguere i voti promessi per ogni sezione: «A un altro dicevamo, metti la X sul partito e scrivi Maurodinoia Anita invece di Anita Maurodinoia. Così quando c’era lo spoglio quello (il rappresentante, ndr) si segnava le formule». Il pagamento avveniva solo dopo la verifica.

Leggi anche: