Il voto per una bombola del gas: come funzionava la «macchina infernale» della corruzione elettorale in Puglia

L’inchiesta che ha portato alle dimissioni di Anita Maurodinoia, assessora della giunta Emiliano. I 50 euro e i facsimile delle schede elettorali

L’ormai ex assessora regionale ai trasporti in Puglia Anita Maurodinoia era stata già sfiorata da sospetti prima dell’indagine di ieri. Il suo nome, non da indagata, era uscito nell’inchiesta che ha portato alla richiesta di commissariamento del comune di Bari. Il presidente Michele Emiliano all’epoca non aveva chiesto le sue dimissioni perché nelle carte non aveva ravvisato ipotesi di reato. In questa inchiesta con 70 indagati della procura l’accusa nei suoi confronti è di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione elettorale. Con lei c’è il marito Alessandro Cataldo, accusato dello stesso reato. I membri avrebbero acquistato per 50 euro voti di migliaia di elettori. Maurodinoia ha avuto 20 mila preferenze nell’elezione del consiglio regionale nel 2020.


Sud al Centro

Cataldo è finito agli arresti domiciliari insieme al sindaco di Triggiano Antonio Donatelli, al suo braccio destro Armando Defrancesco e ad altri quattro. C’è chi è anche finito in carcere, come l’ex assessore comunale di Grumo Appula Nicola Lella. Cataldo, con il suo movimento Sud al Centro, secondo l’accusa avrebbe inquinato le regionali, l’elezione del sindaco di Grumo Appula e quella di Triggiano. Nel suo partito è confluita anche Maria Carmen Lorusso, consigliera comunale di Bari arrestata con l’accusa di essere stata eletta con i voti dei clan. Cataldo aveva messo in piedi un sistema per controllare i voti destinati alla moglie attraverso «formule di voto da imporre agli elettori», secondo l’ordinanza. Servendosi di un database con i nomi delle persone da corrompere che aveva duemila utenze. Che venivano reclutate anche tra partecipanti, tutor e docenti dei corsi di formazione professionale gestiti da Cataldo e finanziati dalla Regione.


L’inchiesta

L’inchiesta comincia nel 2021 grazie alle dichiarazioni di Defrancesco. Che raccontò il funzionamento della «macchina infernale» arrabbiato per la mancata rielezione al comune di Bari. I carabinieri hanno ritrovato anche migliaia di fotocopie di carte d’identità, tessere elettorali, codici fiscali di cittadini di Triggiano. Si trovavano in un bidone dell’indifferenziata. Maurodinoia è nata ad Hamilton in Canada nel 1975. Si è laureata in relazioni internazionali per lo sviluppo economico, Scienze economiche ed economia aziendale. Nel 2019 ha raccolto 6 mila voti a Bari con Sud al Centro. In particolare, spiega oggi La Stampa, le dichiarazioni di Difrancesco a un maresciallo della Guardia di Finanza (Gerardo Leone) hanno chiarito come funzionava il sistema e in che modo si controllava il flusso dei voti.

La macchina infernale

«Quando si dice che il voto è segreto è bugia perché tu lo scopri dopo due secondi, attraverso il suo metodo e quello quando andava a vedere che c’era ti pagava altrimenti non ti pagava». Infine: «A te diceva metti la “X” sul sindaco, non metterla sul partito e scrivi Anita Maurodinoia. All’altro che veniva diceva: “Quanti siete in famiglia? Quattro? Ti do 200 euro ma nella tua sezione voglio trovare questi quattro voti come ti ho detto!” Avevamo 7-8 formule di voto». Un’intercettazione aiuta a comprendere meglio: «La signora è venuta di nuovo e ha detto: ho tutti gli amici di mio figlio per votare, faccio venire mio figlio per il rappresentante di lista, però voglio la bombola del gas». Un altro ancora ricordava di avere «10 figli» per sottolineare la necessità del pagamento del voto: «E anche lei vuole la bombola che non ha il gas per cucinare».

I 50 euro

Difrancesco, racconta oggi La Verità, ha anche spiegato come funzionava il sistema dei 50 euro. «Allora lui usava me perché tra i giovani avevo molte amicizie. Noi pagavamo 50 euro a voto, come faceva lui a vedere e a sapere se tu avessi votato o meno, lui nel frattempo la prima fase consisteva in questo: reclutare le schede elettorali, carte d’identità fotocopie, e il numero di telefono. Questi numeri venivano messi in un database in un computer […]. L’ultimo giorno delle, era micidiale, l’ultimo giorno cioè il giorno prima delle votazioni, si votava la domenica, il sabato la gente diceva “ma noi quando ci chiamate?, quando ci…” perché non dicevamo “lasciate i vostri documenti poi chiamiamo”. Noi li contattavamo tutti, cioè quindi noi il venerdì dicevamo «vedi che tu domani devi venire a quest’ora, in questo momento, in questa sede. Che venivano a fare loro? loro venivano, noi davamo dei fac-simili di votazione».

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