Pillon vuol portare in tribunale lo spot delle patatine: «Offende la religione». L’attacco di Adinolfi contro l’agenzia pubblicitaria

«Sono stanco di chi sfotte le fede cristiana per fare soldi», dice l’ex senatore leghista. Lo segue il leader del Popolo della Famiglia che si chiede perché i pubblicitari non abbiano preso di mira altre religioni

Una patatina al posto dell’ostia, durante il sacramento dell’eucaristia. Il crepitio della masticazione che non può essere camuffato nel silenzio di una chiesa. È l’intuizione alla base dell’ultima pubblicità di Amica Chips, che ha come claim «Il divino quotidiano». Un’idea che, però, ha irritato il sentimento religioso dell’Associazione italiana ascoltatori radio e televisione, che considera quello dell’azienda mantovana «un tentativo penoso di risollevarsi ricorrendo alla blasfemia». Alle proteste dell’associazione, si aggiungono le critiche dei politici ultracattolici Simone Pillon e Mario Adinolfi. Il primo, condividendo la foto di un ostensorio, si dice «stanco di chi sfotte la fede cristiana per fare soldi». Il leghista preannuncia anche azioni legali: «Valutereremo insieme ai colleghi giuristi dell’associazione san Tommaso Moro un bell’esposto per offesa al sentimento religioso, magari con richiesta di risarcimento». Pillon si unisce alla campagna di boicottaggio di Amica Chips che si sta diffondendo tra alcuni consumatori cattolici: «Quanto a me e ai miei familiari, da oggi sceglieremo solo altre marche». E conclude: «A proposito, una domanda ai coraggiosi titolari dell’azienda mantovana. A quando uno spot con Maometto protagonista? Paura eh?».


L’attacco di Mario Adinolfi

Adinolfi, fresco di accordo elettorale con Cateno De Luca per correre insieme alle Europee, usa un linguaggio più duro: «La vicenda Amica Chips mi fa venire in mente che il cattolicesimo è l’unica religione che tutti prendono per il culo senza remore e se i cattolici reagiscono sono “bigotti”. Il parodiare i cattolici è lo stile più immediato per farsi notare e sembrare trasgressivi». Poi si dilunga con un paragone tra l’ironia che si fa con la chiesa e quella che, a suo dire, non si farebbe con le altre religioni. «Il capo dell’agenzia di comunicazione dello spot Amica Chips, Lorenzo Marini, tutto contento proclamava annunciando lo spot: “Si va in chiesa”. Molti hanno notato che “si va in moschea” non l’avrebbe detto, pure “si va in sinagoga” non è adatto perché gli ebrei sono sì ironici ma solo se la satira sull’ebraismo se la fanno da sé, altrimenti è “antisemitismo”. Il “si va in Tibet dai buddhisti” non trasgredisce, anzi, il Dalai Lama pure se bacia in bocca un bimbo se la cava con “è un’usanza locale”, solo il prete cattolico è sempre pedofilo».


Secondo Adinolfi, gli attacchi contro i cattolici ormai sono un fenomeno sempre più preoccupante: «Questa tendenza a lasciarci irridere ho sempre pensato fosse una grande forza, oggi con la violazione così pesante della sacralità dell’Eucaristia ho capito che s’è presa una china per cui se domani un’agenzia di comunicazione decidesse di lanciare un brand di bastoncini di pesce usando il volto di Gesù martoriato dalla corona con lo slogan “solo polpa, niente spine”, potremmo ormai solo plaudire alla “geniale irriverenza” dell’ideatore». E conclude: «Avremmo dovuto difendere i segni della nostra fede come hanno sempre fatto i musulmani, gli ebrei e pure i buddhisti tibetani. Forse non l’abbiamo fatto perché, a differenza loro, noi la nostra fede l’abbiamo persa e allora l’abbiamo fatta calpestare ed è finita in briciole, come fosse un pacco di patatine».

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